FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA. COME POSSO ESSERE PIU' MISERICORDIOSO?

Misericordia secondo Etty Hillesum
la giusta dimora del dolore (o il perdono)
(28 marzo 1942)

E, alla fine, all’afflizione del mondo non si dovrebbe porgere, di quando in quando, un piccolo riparo? (...)
Si la vita è magnifica, e  alla fine d’ogni giorno ne faccio l’elogio (....).

E il dolore che ne viene dobbiamo saperlo sostenere. Possiamo lasciare che ci schiacci ma dovremmo tornare a rimetterci in piedi, perché una persona è così forte, e perchè il dolore deve diventare, per così dire, una componente di noi stessi, un pezzo del nostro corpo e della nostra anima, non dobbiamo fuggirlo, ma sostenerlo, come una persona matura, non reagire con sentimenti di odio che vogliano vendicarsi (...)

A questo dolore bisogna garantire in se stessi tutto lo spazio e la dimora che gli è dovuta, e in questo modo può darsi che il  dolore nel mondo diminuisca, se ognuno sopporta, con lealtà e serietà, completamente, ciò che gli viene inflitto.
Ma se al dolore non si offre la giusta dimora, se si offre uno spazio maggiore all’odio e ai pensieri di vendetta, da cui ancora nuovo dolore nascerà per altri, il dolore in questo mondo non avrà mai fine (...)

Quando avrai riconosciuto al dolore il luogo e lo spazio che gli è dovuto in forza delle sue origini nobili, allora potrai dire: la vita è così bella e così ricca. Lo è così tanto, potendo confidare in Dio. (Etty Hillesum)

Queste parole, positive, piene di fiducia, scritte in un momento in cui la misericordia sembrava “scomparsa” dalla faccia della terra, mi possono aiutare a preparami alla della festa della “Divina Misericordia” e a capire che nella mia quotidianità e possibile essere “più misericordioso”
La dimora del dolore è il perdono.
Bisogna accettare il dolore, l’offesa che ci viene inflitta, l’odio subito o percepito, senza desiderio di vendetta. Così il dolore del mondo diminuisce. Perdonare è vivere la misericordia, la misericordia diminuisce il male.
Davanti al male presente, non quello subìto, davanti al male che vedo davanti a me: il profugo bambino, la donna affamata, l’uomo scacciato, come posso vivere la misericordia?
Perdonando. Offrendo al mondo il dono di me stesso. Le opere di misericordia vanno oltre il perdono, diventano “compassione”: soffrire con gli altri. Vicini e lontani, familiari o sconosciuti, in cose piccole in cose grandi.
Meglio mettendomi accanto a chi soffre, anche nelle piccole sofferenze che la vita di tutti i giorni non ci risparmia, per caricarmi un po’ di quella sofferenza: nutrire, dissetare, vestire, curare, consolare, consigliare, sopportare, accogliere, visitare, aiutare, ecc...

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