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Ritornare a Paolo “nostro fratello”

ROMA, lunedì, 7 luglio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'articolo scritto dall'Arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e apparso sul primo numero della rivista “Paulus” . * * * «Nelle Lettere del nostro carissimo fratello Paolo ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli incerti le travisano, al pari delle altre Scritture, a loro rovina». Queste parole, un po’ sorprendenti, della Seconda Lettera di Pietro (3,16) ci ricordano che già nei primi tempi della cristianità le Lettere di San Paolo erano considerate come “Scritture” sacre e ispirate, ma ci ammoniscono anche che è necessaria una corretta interpretazione per comprenderle e non travisarle. Cosa che è accaduta nella storia successiva, se pensiamo che un famoso studioso francese dell’Ottocento, Ernest Renan, le esorcizzava come «un pericolo e uno scoglio e la causa dei principali difetti della teologia cristiana», mentre il filosofo tedesco

Omelia di Benedetto XVI all'inizio dell'anno paolino

Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Cari fratelli e sorelle! Fin dai tempi più antichi la Chiesa di Roma celebra la solennità dei grandi Apostoli Pietro e Paolo come unica festa nello stesso giorno, il 29 giugno. Attraverso il loro martirio, essi sono diventati fratelli; insieme sono i fondatori della nuova Roma cristiana. Come tali li canta l’inno dei secondi Vespri che risale a Paolino di Aquileia (+ 806): «O Roma felix – Roma felice, adornata di porpora dal sangue prezioso di Principi tanto grandi. Tu superi ogni bellezza del mondo, non per merito tuo, ma per il merito dei santi che hai ucciso con la spada sanguinante». Il sangue dei martiri non invoca vendetta, ma riconcilia. Non si presenta come accusa, ma come «luce aurea», secondo le parole dell’inno dei primi Vespri: si presenta come forza dell’amore che supera l’odio e la violenza, fondando così una nuova città, una nuova comunità. Per il loro martirio, essi – Pietro e Paolo – fanno adesso pa

ANNO PAOLINO

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Lo scorso 29 giugno il Santo Padre ha dato inizio all'anno paolino Paolo di Tarso (Saulo in origine), canonizzato come San Paolo apostolo († 67), non conobbe Gesù in vita, come i Dodici Apostoli, ma fu il primo ad avere come esperienza solo quella del Cristo Risorto. Nacque a Tarso ed in giovinezza fu mandato a Gerusalemme, dove ricevette un insegnamento rigoroso della Legge presso il rabbino Gamaliele il Vecchio. Dopo alcuni anni tornò a Tarso, poiché non era presente a Gerusalemme durante la predicazione di Gesù, e fece ritorno a Gerusalemme dopo pochi anni dalla passione del Cristo. In questa fase della sua vita Saulo fu un attivo fariseo: fu testimone della lapidazione di Stefano tenendo gli abiti degli uccisori, come descritto negli Atti degli Apostoli (At 8, 1-3), e presto ricevette il compito di andare a Damasco ad imprigionare i cristiani di quella città (At 9,2) essendo particolarmente zelante e deciso contro la religione di Gesù, che cominciava a diffond