Ritornare a Paolo “nostro fratello”

ROMA, lunedì, 7 luglio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'articolo scritto dall'Arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e apparso sul primo numero della rivista “Paulus” .

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«Nelle Lettere del nostro carissimo fratello Paolo ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli incerti le travisano, al pari delle altre Scritture, a loro rovina». Queste parole, un po’ sorprendenti, della Seconda Lettera di Pietro (3,16) ci ricordano che già nei primi tempi della cristianità le Lettere di San Paolo erano considerate come “Scritture” sacre e ispirate, ma ci ammoniscono anche che è necessaria una corretta interpretazione per comprenderle e non travisarle.

Cosa che è accaduta nella storia successiva, se pensiamo che un famoso studioso francese dell’Ottocento, Ernest Renan, le esorcizzava come «un pericolo e uno scoglio e la causa dei principali difetti della teologia cristiana», mentre il filosofo tedesco Nietzsche giungeva al punto di definire Paolo un “disangelista”, il contrario di un “evangelista”, ossia l’annunciatore di una “cattiva novella”, e il nostro Gramsci lo etichettava come “il Lenin del cristianesimo”, un teorico freddo e lontano dal calore e dall’amore di Cristo.

Ebbene, l’Anno Paolino potrebbe diventare la grande occasione per un ritorno all’Apostolo in senso autentico, riprendendo in mano e approfondendo seriamente le tredici Lettere che recano il suo nome, una porzione rilevante del Nuovo Testamento, se si pensa che esse occupano 2003 dei 5621 versetti in cui sono state tradizionalmente suddivise le sacre Scritture neotestamentarie.

(continua)

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