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FESTA DI SAN MATTEO

CAMMINARE CON LUI Colui che è chiamato a credere deve uscire dalla propria situazione e mettersi a seguire Cristo. Finché Matteo resta alla dogana o Pietro attende alle reti, essi possono esercitare onestamente la propria professione. Ma se vogliono imparare a credere in Dio, devono seguire il Figlio di Dio, camminando con Lui. DIETRICH BONHOEFFER Ho trovato in rete questo commento del teologo/martire tedesco su san Matteo. Mi piace, se per situazione intendiamo quella interiore, l'incontro con Gesù richiede certamente un cambio, una conversione, uscire dal nostro egoismo. Ma non significa necessariamente "abbandonare" le proprie circostanze concrete. Matteo invita Gesù a cena e gli presenta i suoi amici, pubblicani e "peccatori" come lui. Non abbandona il suo ambiente, anche se poi si metterà a completa disposizione del Signore. Ecco come commenta la stessa scena san Josémaria: Cammino 799 . « Ciò che ti meraviglia a me sembra ragi...

Ai nuovi Pastori

Bellissime parole del Papa Francesco ai nuovi Vescovi riuniti per alcune giornate di formazione. Per rendere la misericordia «accessibile, tangibile, incrollabile», innanzitutto, il Papa ha ricordato che «un dio lontano e indifferente lo si può anche ignorare, ma non si resiste facilmente a un Dio così vicino e per di più ferito per amore. La bontà, la bellezza, la verità, l’amore, il bene – ecco quanto possiamo offrire a questo mondo mendicante, sia pure in ciotole mezze rotte.  Non si tratta tuttavia di attrarre a sé stessi. Il mondo – ha detto Francesco – è stanco di incantatori bugiardi… e mi permetto di dire di preti o vescovi alla moda. La gente “fiuta” e si allontana quando riconosce i narcisisti, i manipolatori, i difensori delle cause proprie, i banditori di vane crociate. Piuttosto, cercate di assecondare Dio, che già si introduce prima ancora del vostro arrivo ». In questo senso, «Dio non si arrende mai! Siamo noi che, abituati alla resa, spesso ci accomodiamo preferen...

Siamo in guerra?

Ancora fino all'inizio della prima guerra mondiale, cioè fino ad un secolo fa, gli eserciti avevano truppe con abbigliamento sgargiante, con colori tipici, per esempio i francesi avevano cappotti blu con risvolti rossi, ecc... La bandiera precedeva e accompagnava i vari reparti, anzi ogni reparto aveva i suoi particolari stendardi. Dovevano distinguersi facilmente dall'avversario. Il comandante doveva poter seguire i movimenti delle sue truppe e di quelle avversari per controllare lo svolgimento della battaglia e dare gli ordini opportuni. Cosi era stato per secoli, lo vediamo nei quadri o stampe che riproducono antiche battaglie: stendardi, insegne, bandiere. Noi ancora oggi ammiriamo la divisa rinascimentale delle Guardie Svizzere Pontificie. Anche se la loro divisa é particolarmente artistica, era quello il modo tipico dell'epoca di andare in battaglia.  Gli eserciti dovevano distinguersi e facilmente individuabili. Dopo poche settimane dall'inizio della I gue...

LA VERA STORIA DELLE CROCIATE

di Thomas F. Madden, tratto da: Crisis Magazine, vol. 20 n. 4 - aprile 2002 Le crociate sono ormai un prototipo di orrore della storia Gli equivoci sulle Crociate sono fin troppo comuni. Vengono ritratte come una serie di guerre sante contro l'Islam, generalmente lanciate da papi assetati di potere e condotte da fanatici religiosi. Si pensa che siano state il culmine dell'ipocrisia e dell'intolleranza, una macchia nera sulla storia della Chiesa cattolica in particolare e della civiltà occidentale in generale. Razza di proto-imperialisti, i crociati aggredirono un Medio Oriente pacato e deformarono una cultura musulmana illuminata, lasciando solo rovine. Per trovare variazioni su questo tema non c'è bisogno di guardare troppo lontano. Si veda, per esempio, il famoso poema epico in tre volumi di Steven Runciman, Storia delle Crociate, o il documentario Bbc/A&E, Le Crociate, commentato da Terry Jones. Sono prototipi di storia terribile, e intrattengono tuttora a ...

ANCORA SUL DIACONATO FEMMINILE VISTA LA CONFUSIONE CHE E' NATA.

Pubblichiamo il testo integrale della risposta di papa Francesco alla domanda sulla possibilità di aprire alle donne diacono nel corso del colloquio con le religiose dell’Unione delle Superiore maggiori (Uisg) di giovedì.       (DA FAMIGLIA CRISTIANA DEL 13 MAGGIO 2016) DOMANDA - Le donne consacrate lavorano già tanto con i poveri e con gli emarginati, insegnano la catechesi, accompagnano i malati e i moribondi, distribuiscono la comunione, in molti Paesi guidano le preghiere comuni in assenza di sacerdoti e in quelle circostanze pronunciano l’omelia. Nella Chiesa c’è l’ufficio del diaconato permanente, ma è aperto solo agli uomini, sposati e non. Cosa impedisce alla Chiesa di includere le donne tra i diaconi permanenti, proprio come è successo nella Chiesa primitiva? Perché non costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione? Ci può fare qualche esempio di dove Lei vede la possibilità di un migliore inserimento delle donne e delle donne consacrat...

DONNE DIACONO

Ieri il Papa Francesco  ha incontrato le partecipanti alla plenaria dell'Unione Internazionali Superiore Generali.  In tale contesto, ha espresso il desiderio di convocare un commissione di studio per esaminare la possibilità che donne consacrate possano ricevere il "diaconato permanente". Oggi i quotidiani, mi riferisco in particolare alla notizia pubblicata dal Corriere della Sera, manipolano la notizia confondendo il "diaconato permanente" con l'ordine minore del diaconato che si riceve sei mesi o un anno prima del presbiterato. Il diaconato nasce nella Chiesa primitiva per iniziativa degli Apostoli per risolvere alcuni problemi organizzativi della prima comunità di Gerusalemme, come é ben raccontato in Atti, VI, 1-6. Tale servizio, questo é il significato della parola greca diakonia, rimane attivo nella Chiesa primitiva e si hanno notizie di "diaconesse". Leggendo gli Atti degli Apostoli e le lettere di san Paolo, si percepisce il ruolo a...

Amoris laetitiae n.118: "TUTTO SOPPORTA"

P anta hypomenei significa che sopporta con spirito positivo tutte le contrarietà. Significa mantenersi saldi nel mezzo di un ambiente ostile. Non consiste soltanto nel tollerare alcune cose moleste, ma in qualcosa di più ampio: una resistenza dinamica e costante, capace di superare qualsiasi sfida. È amore malgrado tutto, anche quando tutto il contesto invita a un’altra cosa. Manifesta una dose di eroismo tenace, di potenza contro qualsiasi corrente negativa, una opzione per il bene che niente può rovesciare. Questo mi ricorda le parole di Martin Luther King, quando ribadiva la scelta dell’amore fraterno anche in mezzo alle peggiori persecuzioni e umiliazioni: «La persona che ti odia di più, ha qualcosa di buono dentro di sé; e anche la nazione che più odia, ha qualcosa di buono in sé; anche la razza che più odia, ha qualcosa di buono in sé. E quando arrivi al punto di guardare il volto di ciascun essere umano e vedi molto dentro di lui quello che la religione chiama “i...