Breve corso di storia della Chiesa

III E IV SECOLO NELLA STORIA DELLA CHIESA (3)

La crisi ariana Data la sua importanza è opportuno insistere sulla crisi prodotta dall’arianesimo. Ario, oriundo di Cirene, discepolo di Luciano di Antiochia, divenuto presbitero in Alessandria, sollevò clamorose riprovazioni quando nella sua predicazione cominciò ad affermare che Cristo era una semplice creatura, ancorché sommamente gradita a Dio. Il vescovo Alessandro lo convocò per una disputa pubblica e lo dichiarò perdente con l’invito di ritrattare. Ario, con due vescovi e cinque presbiteri rifiutò la ritrattazione. Scrisse ai vescovi orientali raccontando a modo suo la vicenda. Quando Alessandro ebbe sentore di queste manovre emanò una lettera circolare a tutto l’episcopato per rettificare l’esposizione dei fatti. Quando Costantino ebbe sentore della crisi, senza capire fino in fondo la questione, ritenne opportuno per la salvaguardia dell’unità dello Stato, di convocare tutti i vescovi nella città di Nicea al fine di ristabilire l’unità dottrinale (maggio-giugno 325). Furono presenti circa 300 vescovi, solamente sei provenienti dall’occidente, dove la discussione non aveva suscitato clamore. Ario fu condannato all’esilio e il concilio terminò con l’esposizione del Credo che ancor oggi si recita la domenica fino al penultimo versetto. Il protagonista della discussione fu Atanasio, in seguito vescovo di Alessandria. Quando Costantino s’accorse che il cristianesimo nella versione ariana sarebbe risultato più funzionale agli interessi politici dell’Impero (se Cristo è solamente un uomo, l’Imperatore sulla terra è l’unica autorità assoluta e nessun papa gli si potrebbe opporre), decise di imporre l’arianesimo a tutte le Chiese. In oriente ci fu scarsa resistenza, al contrario dell’occidente dove un poco alla volta si levò un’opposizione sempre più tenace contro l’invadenza del potere politico. Furono tentate molte soluzioni di compromesso. Morto Costantino nel 337, i figli Costantino II e Costante accettarono l’ortodossia, al contrario di Costanzo II che preferì l’arianesimo.. Nel 359 ci fu un doppio concilio a Rimini per l’occidente e a Seleucia per l’oriente con esiti contrastanti. Costanzo II, rimasto unico imperatore, cercò di imporre ovunque l’arianesimo.

Giuliano l’Apostata I soldati della Gallia acclamarono imperatore il loro comandante Giuliano, cugino di Costanzo II, che iniziò la guerra civile contro di lui. Giuliano era stato educato nel cristianesimo e battezzato, ma durante gli studi di retorica ad Atene era tornato al paganesimo di cui ammirava la cultura. Per creare fastidi all’interno delle comunità cristiane richiamò dall’esilio i vescovi ortodossi e pubblicò un editto che ordinava ai sacerdoti pagani di praticare l’assistenza come facevano i cristiani. Fece inoltre espellere dalle scuole gli insegnanti cristiani. Infine organizzò una spedizione contro i Persiani nel corso della quale morì. Di passaggio a Gerusalemme tentò di far ricostruire il tempio ebraico per poter smentire la profezia di Cristo circa la distruzione del tempio, ma un misterioso fuoco e un terremoto calcinarono le pietre (Ammiano Marcellino). I successori furono Valentiniano e Valente che divisero tra loro l’impero: il primo in occidente, l’altro in oriente e questi ancora una volta aderì all’arianesimo.

Basilio di Cesarea Tuttavia era operante la riflessione neonicena promossa da Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo, tre vescovi della Cappadocia che offrivano alla fede ortodossa una formulazione del dogma della Trinità rimasta definitiva. Col concilio di Costantinopoli I del 380 termina la fase acuta dell’eresia ariana, rimasta operante ancora per tre secoli presso le popolazioni germaniche evangelizzate dal vescovo Ulfila che aveva tradotto la Bibbia in lingua gotica.

Ambrogio di Milano Nel IV secolo si incontrano numerose personalità di rilievo, molto attente al bene della Chiesa e dello Stato. Tra queste il più noto fu certamente il vescovo di Milano Ambrogio, per alcuni anni consularis ossia governatore della regione Liguria et Aemilia con sede a Milano, ed eletto vescovo per designazione popolare nel 374 in sostituzione del vescovo ariano Aussenzio. Ambrogio fu vescovo secondo il modello occidentale. Non era teologo o filosofo in prima istanza, bensì giurista dotato di notevole sensibilità politica per operare interventi con qualche probabilità di successo. Egli era ottimo conoscitore della lingua greca, cosa che gli permise di adattare gli scritti dei padri neoniceni alla capacità di comprensione dei fedeli di lingua latina.

Fine della seconda parte III E IV SECOLO NELLA STORIA DELLA CHIESA

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