ABORTO E CONFESSIONE. ALCUNE PRCISAZIONI.

Nella recente lettera apostolica "Misericordia et misera", con cui il Papa ha chiuso l'Anno Santo della Misericordia, ha parlato in più punti del sacramento della Riconciliazione, o della Misericordia.

In particolare ha fatto riferimento all'aborto: 

«12. In forza di questa esigenza, perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. (...) Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione.»

Queste parole sono state ampiamente commentate, ma spesso in modo confuso e tendenzioso, come "apertura sull'aborto". Parole che non significano nulla, ma che lasciano intendere un cambio di impostazione della dottrina morale su questo grave crimine.

Possono forse essere utili alcune precisazioni:

Non tutti i peccati sono delitti, mentre é vero il contrario. In casi di delitti molto gravi, come per esempio l'aborto, la Chiesa, come pena medicinale, per concedere  l'assoluzione sacramentale, ha imposto che sia prima rimossa una "censura o pena canonica". Le pene o censure sono tre: la scomunica (solo per persone fisiche), l'interdetto e la sospensione "a divinis" per i chierici.

Nel caso che ci interessa, le persone coinvolta nel procurato aborto (madre, medici, ecc..), se sinceramente pentite e disposte a non commettere più tale delitto (condizioni generali per poter ricevere l'assoluzione da qualunque peccato), dovevano prima ottenere la rimozione della scomunica legata all'atto commesso. Tale censura (la scomunica), può essere rimossa solo dal vescovo diocesano e da sacerdoti da lui delegati  a questo scopo. Già Giovanni Paolo II, per alcune circostanze: anni giubilari, GMG, pellegrinaggi, ecc... aveva esteso la possibilità di liberare dalla scomunica e quindi poter assolvere, a categorie ampie di sacerdoti. Prassi utilizzata ampiamente in molte diocesi per iniziativa dei rispettivi ordinari. 

Tenendo conto che la ferita dell'aborto é molto profonda e molte donne, soprattutto, ma anche medici e infermieri, ne soffrono per molto tempo, ma che allo stesso tempo essendo l'aborto molto diffuso e sottoposto ad una campagna molto forte di "banalizzazione morale", fino ad equipararlo ad un diritto assoluto, fino a diventare quasi un obbligo, la possibilità che il singolo confessore possa con più facilità risolvere la scomunica e assolvere (se ce ne sono le condizioni) é una risposta non solo misericordiosa, ma anche di buon senso. 

D'altra parte finora, purtroppo, le pene imposte non hanno impedito che la pratica dell'aborto si estendesse  a milioni di persone. Ora la via é quella della formazione e della sensibilizzazione delle singole coscienze.





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