SPONTANEITA' O SINCERITA'

SINCERITA' VS SPONTANEITA'

La sincerità è spesso confusa con la spontaneità: niente freni, niente veli, dire tutto quel che passa per la testa. 
La spontaneità è im-mediata, non tollera la mediazione riflessiva; è diretta, selvatica, primitiva. La spontaneità in sé non è una virtù, è solo la liberazione d'un impulso, è uno sfogo, quasi un'incontinenza.
La sincerità non s'identifica con la spontaneità, come si pensò nel '68, ma assume valore se è consapevole e riflessiva. Come la verità è rivoluzionaria sul piano politico, così sul piano soggettivo la sincerità fu considerata libertaria, liberatrice, demitizzante e dissacrante. Franco sta sia per sincero che per libero.
Da questa pseudo-sincerità sono nati due frutti, uno per affinità, l'altro per contrasto.
Da una parte è sorto il mito del coming out; tutto ciò che era coperto dall'inibizione viene allo scoperto e si fa oggetto di esibizione. Il pudore per l'intimità cede al narcisismo, con sfacciata sincerità.
Dall'altra parte, il risultato paradossale della guerra all'ipocrisia “borghese” è la nascita d'un nuovo codice e frasario dell'ipocrisia, il politically correct. Ogni ipocrisia svela un'egemonia.
La sincerità originaria si capovolge in uno stucchevole rococò della falsità che vieta l'uso di parole fino a ieri usuali e neutrali che indicano realtà evidenti ma ora ritenute sconvenienti, offensive, lesive.
In questa luce il dissenso è ridotto a una specie di peccato etico e lessicale, un reato di parola, una fobia patologica, quasi l'apologia di un crimine verso l'umanità.
Torna in altre vesti il detto: la parola è data all'uomo per nascondere il pensiero (e la realtà).

Marcello Veneziani, Alla luce del mito

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