PENSIERI TRATTI DAGLI SCRITTI DI SAN JOSEMARÍA CHE POSSONO ALIMENTARE LA NOSTRA ORAZIONE IN QUESTA SETTIMANA

 


8/novembre «Farci guidare dal “Buon Pastore” »

 «Io sono il buon Pastore; conosco le mie pecore», cioè le amo, «e le mie pecore conoscono me» (Gv 10, 14). Come a dire apertamente: corrispondono all'amore di chi le ama. La conoscenza precede sempre l'amore della verità. Domandatevi, fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se conoscete il lume della verità. Parlo non solo della conoscenza della fede, ma anche di quella dell'amore; non del solo credere, ma anche dell'operare. L'evangelista Giovanni, infatti, spiega: «Chi dice: Conosco Dio, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo» (1 Gv 2, 4). (...) Le sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque lo segue con cuore semplice viene nutrito con un alimento eternamente fresco. Quali sono i pascoli di queste pecore, se non gli intimi gaudi del paradiso, ch'è eterna primavera? Infatti pascolo degli eletti è la presenza del volto di Dio, e mentre lo si contempla senza paura di perderlo, l'anima si sazia senza fine del cibo della vita. (san Gregorio Magno) 

 Per esperienza personale sapete bene — e me lo avete sentito ripetere spesso, per prevenire scoraggiamenti — che la vita interiore consiste nel cominciare e ricominciare ogni giorno; e nel vostro cuore sentite, come lo sento io, che dobbiamo lottare incessantemente. Nel vostro esame di coscienza avrete notato — succede anche a me: scusate questi riferimenti personali, ma mentre vi parlo faccio con il Signore un ripasso dei bisogni della mia anima — che subite ripetutamente delle piccole sconfitte, e talvolta vi viene da pensare che esulano dal comune, perché denotano un'evidente mancanza d'amore, di impegno, di spirito di sacrificio, di delicatezza. Alimentate i desideri di riparazione con un sincero spirito di contrizione, ma — ve lo chiedo — non perdete la pace. (...) Adesso insisto sull'esigenza di farvi aiutare, guidare, da un direttore di coscienza (Buon Pastore) al quale confidare tutte le vostre sante aspirazioni e i problemi quotidiani che riguardano la vostra vita interiore, le sconfitte che potete incontrare e le vittorie. (Amici di Dio, nn. 13-15) 

 Se qualche volta cadi, figlio mio, ricorri subito alla Confessione e alla direzione spirituale: mostra la ferita!, perché te la curino a fondo, perché eliminino tutte le possibilità di infezione, anche se ti fa male come in un'operazione chirurgica. (Forgia, 192)


9/novembre “La razza dei figli di Dio” 

 Figli di Dio. — Portatori dell'unica fiamma capace di illuminare i cammini terreni delle anime, dell'unico fulgore, nel quale mai potranno darsi oscurità, ombre o penombre. — Il Signore si serve di noi come di torce, perché questa luce illumini... Da noi dipende che molti non rimangano nelle tenebre, ma percorrano sentieri che conducono fino alla vita eterna. (Forgia, 1) 

 Sulla terra non c'è che una razza: quella dei figli di Dio. Tutti dobbiamo parlare la stessa lingua, quella che ci insegna il Padre nostro che è nei cieli, la lingua del dialogo di Gesù col Padre, la lingua che si parla col cuore e con la mente, quella stessa che usate ora nella vostra orazione. È la lingua delle anime contemplative, di coloro che sanno essere spirituali perché consapevoli della loro filiazione divina; una lingua che si esprime in mille mozioni della volontà, in tante illuminazioni radiose dell'intelligenza, negli affetti del cuore, nelle decisioni di condurre una vita retta, santa, lieta e pervasa di pace. (E' Gesù che passa, 13)


10/novembre “La carità è il sale dell'apostolato” 

Ama e pratica la carità, senza limiti e senza discriminazioni, perché è la virtù che ci caratterizza come discepoli del Maestro. — Tuttavia, la carità non può portarti — non sarebbe più una virtù — ad attenuare la fede, a togliere gli spigoli che la definiscono, ad addolcirla fino a trasformarla, come alcuni pretendono, in qualcosa di amorfo che non ha la forza e il potere di Dio. (Forgia, 456) 

Peccherebbe di ingenuità chi pensasse che le esigenze della carità cristiana siano facili da compiere. (...) tutti potrebbero fare lunghi elenchi di divisioni, di conflitti, di ingiustizie, di mormorazioni, di insidie. Dobbiamo ammetterlo con semplicità, per cercare di applicare il rimedio opportuno, che deve tradursi nello sforzo personale di non ferire, di non trattar male, di correggere senza stroncare. (…) In questo istante mi sento spinto a chiedere al Signore — unitevi, se volete, a questa mia preghiera — di non permettere che nella sua Chiesa la mancanza d'amore sparga zizzania nelle anime. La carità è il sale della missione dei cristiani: se diventa insipido, come potremo presentarci al cospetto del mondo e spiegare, a testa alta, che qui c'è Cristo? (Amici di Dio, 234) 



 11/novembre “Tu, sempre a pensare a te” 


Egoista. —Tu, sempre “a pensare a te”. Sembri incapace di sentire la fratellanza di Cristo: negli altri non vedi fratelli; vedi gradini. Prevedo il tuo pieno insuccesso. —E, quando sarai sprofondato, vorrai che gli altri abbiano con te la carità che tu ora non vuoi avere. (Cammino, 31) 

Pertanto, vi ripeto con san Paolo: Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova [1 Cor 13, 1-3]. Di fronte a queste parole dell'Apostolo delle genti, non manca chi fa come quei discepoli di Cristo i quali, dopo che il Signore aveva annunciato loro il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, commentavano: Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo? [Gv 6, 60]. Sì, è duro. Perché la carità descritta dall'Apostolo non si limita alla filantropia, all'umanitarismo, alla naturale commiserazione delle sofferenze altrui: esige l'esercizio della virtù teologale dell'amore verso Dio e dell'amore, per Dio, verso il prossimo. (Amici di Dio, 235) 


 12/novembre “Dobbiamo avere fame e sete di Lui e della sua dottrina” 


Senza vita interiore, senza formazione, non vi è vero apostolato, e non vi sono opere feconde: il lavoro è precario e addirittura fittizio. — Quant'è grande, pertanto, la responsabilità dei figli di Dio!: dobbiamo avere fame e sete di Lui e della sua dottrina. (Forgia, 892) 

A volte, con il loro modo di agire, alcuni cristiani non danno al comandamento della carità il supremo valore che gli spetta. Cristo, circondato dai suoi, in quel meraviglioso discorso finale, diceva come testamento: “Mandatum novum do vobis, ut diligatis invicem” — vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri. E insistette ancora: “In hoc cognoscent omnes quia discipuli mei estis” — da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri. — Magari ci decidessimo a vivere come Egli vuole! (Forgia, 889) 



 13/novembre "Un solo cuore e un solo spirito" 


Devi essere, come figlio di Dio e con la sua grazia, uomo o donna forte, di desideri e di opere. — Non siamo piante di serra. Viviamo in mezzo al mondo, e dobbiamo stare esposti a tutti i venti, al caldo e al freddo, alla pioggia e ai cicloni..., ma fedeli a Dio e alla sua Chiesa. (Forgia, 792) 

 Il lavoro della Chiesa, ogni giorno, è come un grande arazzo, che offriamo al Signore, perché tutti noi battezzati siamo Chiesa. — Se adempiamo il nostro compito — con fedeltà e dedizione — questo grande arazzo sarà bello e senza difetti. — Se però qualcuno allenta un filo qua, un altro là, un altro dall'altra parte..., invece di un bell'arazzo avremo uno straccio ridotto a brandelli. (Forgia, 640) 

 Chiedi a Dio che nella Santa Chiesa, nostra Madre, i cuori di tutti siano, come nella primitiva cristianità, un solo cuore, perché fino alla fine dei secoli si compiano davvero le parole della Scrittura: “Multitudinis autem credentium erat cor unum et anima una” — la moltitudine dei fedeli aveva un cuore solo e un'anima sola. — Ti parlo molto sul serio: che per causa tua non venga lesa questa santa unità. Portalo alla tua orazione! (Forgia, 632) 


 14/novembre “Vogliamo guardare con occhi limpidi” 


Com'è bella la santa purezza! Però non è santa, né gradita a Dio, se la separiamo dalla carità. La carità è il seme che crescerà e darà frutti saporitissimi grazie all'irrigazione, che è la purezza. Senza carità la purezza è infeconda, e le sue acque sterili trasformano le anime in un pantano, in una pozza immonda, da cui esalano miasmi di superbia. (Cammino, 119) 

Certamente la carità teologale è la virtù più elevata; la castità tuttavia è il mezzo imprescindibile, una condizione sine qua non per stabilire un dialogo intimo con Dio; e quando non la si difende, quando non si lotta, si finisce col diventare ciechi; non si vede più nulla perché l'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio [1 Cor 2, 14]. Noi vogliamo guardare con occhi limpidi, animati dalla predicazione del Maestro: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio [Mt 5, 8]. La Chiesa ha presentato sempre queste parole come un invito alla castità. Hanno il cuore puro — scrive san Giovanni Crisostomo — coloro che non si sentono colpevoli di nessun male, o quelli che vivono nella castità. Nessuna virtù più di questa è necessaria per vedere Dio (Amici di Dio, 175)


Fonte: Ufficio Informazione Opus Dei

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