AMORIS LAETITIA: PREMESSA. NUMERI 1-7.
“amoris laetitia” (la gioia dell’amore, in seguito al)
Sintesi e commento alla “Premessa”
L'Esortazione apostolica colpisce per ampiezza e articolazione. In questo senso il Papa scrive che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero». Dunque, per alcune questioni in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti:
“le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale [...] ha bisogno di essere inculturato[1], se vuole essere osservato e applicato”» (AL 3).
Ma soprattutto il Papa afferma subito e con chiarezza che bisogna uscire dalla sterile contrapposizione tra ansia di cambiamento e applicazione pura e semplice di norme astratte.
Spesso il dibattito teologico/ecclesiale si sviluppa intorno a due poli: continuità/discontinuità. Tipico il dibattito sul Concilio Vaticano II: una forte corrente propugnò la tesi di una discontinuità. Cioè di una rottura con il passato. Una cesura, un prima e un dopo. Con l'intento di dividere un prima “cattivo”, sorpassato, e quindi una eredità negativa da rifiutare il più possibile e un nuovo “da inventarsi”, partendo da una interpretazione dei testi, spesso del tutto forzata, per fondare “una nuova visione del cristianesimo”. Si diceva: i testi sono stato frutto di un compromesso, bisogna andare allo “spirito del Concilio”, che non si sa bene cosa sia!
C'è invece chi sostiene, una “continuità sostanziale”, nella dottrina, nella prassi, nei contenuti morali, ecc..
Perorare una discontinuità é come dire che lo Spirito Santo si è sbagliato o non è stato ascoltato. O che solo alcuni sono in grado di interpretarlo correttamente.
Ratzinger in un discorso del 22.XII.2005 e in altri interventi a voce e per iscritto ha parlato di una “ermeneutica della riforma”.
Il nostro dovere non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente dell'antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell'opera, che la nostra età esige… È necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo. Una cosa è infatti il deposito della fede, cioè le verità contenute nella nostra veneranda dottrina, e altra cosa è il modo col quale esse sono enunciate[2] , conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la
È chiaro che questo impegno di esprimere in modo nuovo una determinata verità esige una nuova riflessione su di essa e un nuovo rapporto vitale con essa; è chiaro pure che la nuova parola può maturare soltanto se nasce da una comprensione consapevole della verità espressa e che, d’altra parte, la riflessione sulla fede esige anche che si viva questa fede. (Ratzinger)
Nei partigiani della discontinuità (rottura) ci sono due giudizi opposti, uno che vorrebbe essere positivo: “finalmente ci siamo liberati dall’oscurantismo e adesso cominciano tempi nuovi”, e uno negativo, “il tradimento della vera dottrina, e con questo l'autodistruzione della Chiesa”.
Il Papa Francesco afferma:
AL P. 2: I dibattiti che si trovano nei mezzi di comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all'atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche.
Cambiare casa, trasferirsi in una nuova città, oppure cambiare il mobilio, le tende, la disposizione delle stanze, ecc... Il primo è una rottura, un cambio sostanziale, Il secondo è un cambiamento che può essere in peggio o in meglio, ma non c’è rottura. C’è chi giudica ogni cambio come una rottura, una novità assoluto che discrimina tra un prima e un dopo, non comunicabili. Come due cose diverse. Ci vuole riflessione e studio.
AL p.2. Al tempo stesso, la complessità delle tematiche proposte ci ha mostrato la necessità di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali. La riflessione dei pastori e dei teologi, se è fedele alla Chiesa, onesta, realistica e creativa, ci aiuterà a raggiungere una maggiore chiarezza.
AL p. 7: Perciò non consiglio una lettura generale affrettata. Potrà essere meglio valorizzata, sia dalle famiglie sia dagli operatori di pastorale familiare, se la approfondiranno pazientemente una parte dopo l'altra, o se vi cercheranno quello di cui avranno bisogno in ogni circostanza concreta.
Nel documento possiamo distinguere una parte, quasi tutti i capitoli, centrati sul matrimonio: rinnovamento teologico, morale e spirituale del sacramento del matrimonio, fondamento della famiglia e una nuova pastorale. E un'altra parte, il capitolo, su quelle situazioni in cui c'è stato un "fallimento"(ma il Papa avverte: non facciamo una pastorale del fallimento!), che però vanno considerate e che richiedono anch'esse attenzione pastorale.
Il Papa auspica una pastorale della crescita di santità. Consapevole che il cammino cristiano è un cammino difficile, ma che con l'aiuto della grazia può essere vissuto. É augurabile che cresca anche una sensibilità per “i casi irregolari” con il desiderio di aiutarli. E non limitarsi solo a “rimediare” in qualche modo o semplicemente a condannarli. La lettura di questa esortazione dovrebbe essere, per tutti, un cammino di conversione.
[1] La situazione sociale in Guinea è diversa che in Norvegia, con problematiche diverse. I cattolici che vivono in contesti islamici, si confrontano con una cultura molto diversa di chi sta per es. in Italia o in Spagna, dove ci deve confrontare con un laicismo aggressivo, aborto diffuso, femminismo militante, ecc...
[2] Non si riferisce solo a rendere “moderne”, determinati aspetti della dottrina o della morale, ma renderli attuali. Ciò che è avvenuto 2000 anni fa, è ancora presente. Nell'eternità di Dio tutto è presente, in Dio non c’è passato o futuro. Ma la forma storica della sua rivelazione ha bisogno di attualizzarsi. Il Signore Gesù non ha detto tutto, non ha parlato di tutto. Ha parlato è detto la sua verità in un'epoca precisa. Rimane da cogliere la sostanza del suo insegnamento e attualizzarlo, senza tradirlo. Per questo c’è un Magistero e un “Teologia”. Non è un semplice codice, da interpretare, ma “una Vita, una Persona” che cogliamo attraverso idee e concetti generali da sviluppare.
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