DOMANDE SU I VANGELI (I PARTE)

 


1) La fede cristiana si fonda sui Vangeli?

"Vangelo" significa "buona notizia", e la buona notizia è che "è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo Signore" (cf. Lc 2,10-11). La fede cristiana si fonda sulla parola viva di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo.

 

2) Gesù ha scritto qualcosa? Come conosciamo il suo messaggio?

Gesù non ha scritto libri. Gesù ha scritto il suo messaggio nel cuore e nella mente di persone vive, i discepoli che ha inviato a comunicare il vangelo a tutte le genti (cf. Mt 28,19-20). Da loro abbiamo conosciuto chi era Gesù e che cosa ha insegnato. Senza la loro testimonianza non conosceremmo l'insegnamento di Gesù (cf. Rm 10,14-17).

 

3) Ma allora perché sono stati scritti i Vangeli?

Senza i Vangeli scritti potremmo conoscere ugualmente che cosa ha insegnato Gesù, ma non come lo insegnava. Grazie ai Vangeli, ancor oggi i cristiani possono ascoltare la sua voce. Chi ha incontrato Gesù non ne può fare a meno.

 

4) Perché parliamo di Vangelo "secondo" Matteo, Marco, Luca e Giovanni?

Perché così si sottolinea l'unità del messaggio: la Chiesa ha ricevuto e tramanda un unico vangelo, il vangelo di Gesù, che viene trasmesso in diverse forme. Sant'Ireneo, alla fine del II secolo, dice che il vangelo che abbiamo è "quadriforme".

 

5) Perché quattro Vangeli? Non ne basterebbe uno?

Gesù è una persona reale. Ciascun evangelista ne dà una conoscenza autentica, ma nessuno dice tutto su di lui (cf. Gv 21,24-25). In tal modo, ciascuno dei Vangeli ha una ricchezza propria. I cristiani non potevano rinunciarvi.

 

6) E i nomi degli evangelisti che cosa stanno a indicare?

Indicano che ciascun Vangelo si rifà all'uno o all'altro dei testimoni della risurrezione di Gesù. Il nome del Vangelo rispecchia il testimone di riferimento, oppure lo scrittore che ha raccolto la testimonianza e l'ha messa per iscritto.

Nel II secolo Papia di Ierapoli attribuisce a Matteo una raccolta di detti di Gesù nella lingua degli Ebrei. Tale raccolta sembra essere alla base al Vangelo in lingua greca che ci è pervenuto col nome di Matteo.

Lo stesso Papia di Ierapoli riferisce che "Marco, divenuto interprete di Pietro, scrisse con accuratezza, ma non secondo un ordine preciso, quanto aveva annotato delle cose dette e fatte da Cristo; egli, infatti, né aveva ascoltato [direttamente] il Signore né l'aveva seguito, ma in seguito, come ho detto, seguì Pietro che insegnava secondo le necessità, senza dare ai detti del Signore un'organizzazione complessiva".

Il Vangelo secondo Giovanni è composito. Il capitolo finale, in cui la voce narrante parla in prima persona plurale, attribuisce il resto del Vangelo al "discepolo amato" (cf. Gv 21,23-24).

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