IN PREPARAZIONE ALLA FESTA DEL 2 OTTOBRE 2022

 


anniversario della fondazione dell’opus dei

 

Scriveva san Josemaria nel 1934:

“L'Opera di Dio non l'ha immaginata un uomo (...). Da molti anni il Signore l'ispirava a uno strumento inetto e sordo, che la vide per la prima volta il giorno dei Santi Angeli Custodi, il due ottobre 1928”.

In quell’anno, facendo in solitudine i suoi esercizi spirituali, gli appunti che aveva portato con sé per meditarli durante gli esercizi spirituali contenevano idee, che, a quanto pare, erano prive di un ordine sistematico. Nei giorni successivi agli esercizi li ricopiò ordinatamente, secondo l'illuminazione generale da poco ricevuta “su tutta l'Opera”. La visione unitaria del progetto divino evidenziava, con nuove dimensioni, quanto in precedenza gli era stato ispirato in maniera frammentaria. E all’interno di questo scenario di incommensurabili dimensioni storiche «vide l'Opus Dei quale il Signore lo voleva e come avrebbe dovuto essere nel corso dei secoli».

            Da quella data, la luce ricevuta da Dio -sulla chiamata universale alla santità e sulla ricerca della pienezza della vita cristiana in mezzo al mondo e attraverso il lavoro professionale -costituì la sostanza della sua predicazione. Si mise anche a redigere i documenti che in seguito avrebbe consegnato ai suoi figli dell'Opus Dei.

Nel più antico di questi scritti, una lunga lettera datata 24 marzo 1930, il Fondatore dà l’impressione, nelle prime righe, di riascoltare l'eco amoroso del grido: “Ignem  veni mittere in terram et quid volo nisi ut accendatur” (Luca 12, 49), e di voler far conoscere al mondo la missione divina che il Signore gli aveva affidato:

         “Il cuore del Signore è un cuore di misericordia, che ha compassione degli uomini e a loro si avvicina. La nostra donazione al servizio delle anime è una manifestazione di questa misericordia del Signore, non solo verso di noi, ma verso l'umanità intera. Perché ci ha chiamati a santificarci nella vita ordinaria di tutti i giorni”.

         “Dobbiamo rivolgerci sempre a tutti quanti, perché non c'è creatura umana che non amiamo, che non cerchiamo di aiutare e di comprendere. Tutti ci interessano, perché tutti hanno un'anima da salvare, perché a tutti possiamo consegnare, in nome di Dio, un invito a cercare nel mondo la perfezione cristiana, ripetendo loro: estote ergo vos perfecti, sicut et Pater vester caelestis perfectus est (Mt 5,48); siate perfetti come lo è il vostro Padre celeste”.

         “Siamo venuti a dire, con l'umiltà di chi si sa peccatore e poca cosa -homo peccator sum (Lc 5,8), diciamo con Pietro -ma con la fede di chi si lascia guidare dalla mano di Dio, che la santità non è cosa per privilegiati: che il Signore chiama tutti, che da tutti si attende Amore: da tutti, dovunque si trovino; da tutti, di ogni condizione, professione o mestiere. Perché la vita normale, ordinaria, poco appariscente, può essere mezzo di santità: non è necessario abbandonare il proprio stato nel mondo per cercare Dio, se il Signore non dà a un'anima la vocazione religiosa, poiché tutte le strade della terra possono essere occasione di un incontro con Cristo” (123).

         Dio va direttamente incontro agli uomini, senza toglierli dal loro posto: dalla terra in cui abitano, dalla professione che esercitano, dalla situazione familiare in cui si trovano. Dio ci aspetta tutti nelle cose piccole, nelle cose normali, perché raramente nella vita succedono cose straordinarie. Dio lo si deve scoprire, quindi, nelle cose di ogni giorno:

         “La cosa per noi straordinaria” -proseguiva il Fondatore “è l'ordinario: l'ordinario fatto con perfezione.  Sorridere sempre, passando sopra -con eleganza anche umana -alle cose che importunano, che danno fastidio: essere generosi senza misura. In una parola, fare della nostra vita normale una continua preghiera”.

         Nei piccoli eventi quotidiani, vissuti con amore e alla perfezione, nelle fatiche e nelle difficoltà, nelle gioie, in un lavoro professionale eseguito bene, nel servizio alla società e al prossimo, è sempre racchiuso un tesoro. Nella chiamata universale alla santità è implicito, pertanto, il valore santificante del lavoro offerto a Dio, il valore cristiano di attività secolari che ci distaccano da questo mondo senza cessare di essere ben presenti in esso. Cosicché l'anima da tutto prende occasione per santificarsi, per divinizzarsi.

         “Nella normalità della nostra vita, mentre camminiamo sulla terra accanto ai nostri colleghi di professione -“ogni simile ama il suo simile”, dice il proverbio e così è la nostra vita -Dio nostro Padre ci dà l'occasione di esercitarci in tutte le virtù, di praticare la carità, la fortezza, la giustizia, la sincerità, la temperanza, la povertà, l'umiltà, l'obbedienza...”.

Perché il 2 ottobre, festa degli Angeli Custodi?

In un 2 ottobre (1968) diceva: commentando il vangelo della festa, Mt, 18, 10 (gli angeli dei bambini contemplano Dio):

Dio mi insegnò con il vangelo di quel giorno a lasciarmi guidare dai santi Angeli Custodi e a farmi come un bambino: perché i figli sono semplici, non hanno doppiezza e hanno bisogno del loro padre, come io ho bisogno di mio Padre Dio.

... Secondo il dono dello Spirito ricevuto da san Josemaría Escrivá de Balaguer, infatti, la Prelatura dell’Opus Dei, con la guida del proprio Prelato, attua il compito di diffondere la chiamata alla santità nel mondo, attraverso la santificazione del lavoro e degli impegni familiari e sociali per mezzo dei chierici in essa incardinati e con l’organica cooperazione dei laici che si dedicano alle opere apostoliche (cfr. cann. 294-296, CIC). (Lettera Apostolica in forma di «Motu proprio» del sommo pontefice Francesco “Ad Charisma Tuendum”)



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