COSA É CAMBIATO NELLE PRELATURE PERSONALI?

 



L'8 agosto 2023 Papa Francesco ha promulgato un motu proprio che modifica alcune norme del Codice di Diritto Canonico del 1983 riguardanti le prelature personali. Cosa cambia in questa figura e qual è il significato della riforma? Di seguito potrete leggere, in traduzione italiana, un articolo del prof. Navarro, canonista e rettore dell'università Pontificia della Santa Croce.

 

Luis Felipe Navarro-8 agosto 2023

 

Seguendo la direzione indicata dalla Costituzione Apostolica "Praedicate Evangelium", articolo 117, con cui è stata riformata la Curia romana, viene confermata la dipendenza delle Prelature personali del Dicastero per il Clero. Va ricordato che dalla legge che regolava la Curia Romana nel 1967 (Costituzione Apostolica “Regimini Ecclesiae Universae”, di San Paolo VI, articolo 49, § 1) fino alla recente riforma della Curia Romana (19 marzo 2022), le prelature dipendevano dal Dicastero per i Vescovi.

 

Le principali novità di questo motu proprio sono due: prevede che le prelature personali siano assimilate, senza identificarsi, ad associazioni clericali di diritto pontificio dotate della facoltà di incardinazione; e ricorda che i laici ottengono il proprio parroco e il proprio Ordinario attraverso il domicilio e il quasi-domicilio.

 

Vediamo a grandi linee i due aspetti.

 

Associazioni clericali con potere di incardinare

1. Le associazioni clericali sono regolate nel Codice di Diritto Canonico del 1983 (CIC) solo dal canone 302. Si tratta di un canone molto breve, l'unico sopravvissuto di un insieme di canoni redatti durante alcune fasi dell'elaborazione del Codice di Diritto Canonico del 1983. Questo canone recita: "Si chiamano clericali quelle associazioni di fedeli che, sotto la direzione di chierici, fanno proprio l'esercizio degli ordini sacri e sono riconosciute come tali dall'autorità competente".

 

Questo canone residuale non spiega tutto ciò che le associazioni clericali sono, o erano destinate ad essere. In esso viene forgiato un concetto tecnico di associazione clericale che si distingue dalle associazioni di chierici (canone 278). Nel progetto si pensava che alcune di queste associazioni avrebbero avuto la facoltà di incardinare chierici, che tra i loro membri ci sarebbero stati fedeli laici e che spesso avrebbero avuto una funzione evangelizzatrice in luoghi dove la Chiesa non era ancora presente. Si trattava di associazioni dotate di un forte carattere missionario che richiedevano l'esercizio degli Ordini sacri per svolgere questa missione di evangelizzazione. Per questo motivo dovevano avere un carattere pubblico nella Chiesa (non c'è spazio per associazioni che prendono possesso degli Ordini sacri e sono di natura privata). Tenendo conto del ruolo del ministero ordinato, si prevedeva che il governo fosse affidato ai sacerdoti (cfr. il mio Commento al canone 302, in Istituto Martin de Azpilicueta, Facoltà di Diritto Canonico, Università di Navarra, Commento esegetico al Codice di Diritto Canonico, Vol. II/1, Pamplona, terza edizione, 2002, p. 443-445).

 

Dopo alcuni anni, alcune associazioni clericali hanno sentito la necessità di poter incardinare alcuni o tutti i loro membri, a seconda dei casi, per garantire la stabilità del loro carisma e l'efficacia operativa delle loro strutture. In risposta a questa esigenza, l'11 gennaio 2008, Papa Benedetto XVI ha concesso alla Congregazione per il Clero il privilegio di concedere ad alcune associazioni clericali la facoltà di incardinare i membri che lo richiedono. Successivamente, nel motu proprio "Competentias quasdam decernere". L'11 febbraio 2022, queste associazioni clericali sono incluse tra gli enti incardinanti (cfr. il nuovo canone 265).

 

Attualmente esistono diverse associazioni clericali con il potere di incardinare: alcune sono molto autonome, come la Comunità di San Martino ("Communauté Saint Martin") o la Società Jean-Marie Vianney ("Société Jean-Marie Vianney"). Sebbene fossero già associazioni clericali, solo nel 2008 hanno ricevuto il potere di incardinare. Tra le associazioni clericali c'è anche la Confraternita dei sacerdoti diocesani (eretta ad associazione clericale nel 2008, anche se prima aveva uno status giuridico diverso).

 

Sono tre quelle nate e legate con maggiore o minore intensità a un movimento: l'associazione clericale della Comunità Emmanuel (2017), legata alla Comunità Emmanuel; l'associazione clericale "Opera di Gesù Sommo Sacerdote" (2008), del movimento "Pro Deo et Fratribus - Famiglia di Maria" ("Opera di Gesù Sommo Sacerdote" Pro Deo et Fratribus - Famiglia di Maria, approvata nel 2002), e la Fraternità Missionaria di Sant'Egidio, approvata nel 2019 (attualmente il moderatore è un sacerdote: cfr. Annuario Pontificio 2023, p. 1692; in precedenza era un Vescovo, Mons. Vincenzo Paglia: cfr. Annuario Pontificio 2023, p. 1692). Annuario Pontificio 2023, p. 1692; in precedenza era un Vescovo, Mons. Vincenzo Paglia: cfr. Annuario Pontificio 2021, p. 1657). In questi casi, al Moderatore o Responsabile vengono attribuite le facoltà di Ordinario, come fa questo motu proprio (articoli 1 e 2).

 

Cura pastorale dei laici

2. Un'altra novità di questo motu proprio è che conferma che il canone 107, § 1 si applica ai fedeli laici legati alle prelature: "Sia per domicilio che per quasi-domicilio, ciascuno ha il proprio parroco e il proprio Ordinario", anche a coloro che appartengono alle prelature e ad altre entità gerarchiche o aggregate (questa disposizione, tuttavia, è poco rilevante per i chierici: il vincolo giuridico fondamentale del chierico è l'incardinazione).

 

 Su questo punto, il nuovo canone esplicita ciò che già esisteva e si applicava in precedenza. I laici della Prelatura erano e sono anche fedeli delle diocesi. a cui appartengono in virtù del loro domicilio o quasi-domicilio. Si tratta di una disposizione generale il cui scopo è garantire che ogni fedele abbia qualcuno a cui rivolgersi per ricevere i sacramenti e la Parola di Dio.

 

Infatti, nella sua cura pastorale dei fedeli, la Chiesa vuole garantire che ogni fedele abbia il proprio parroco e il proprio Ordinario.

 

Il primo criterio utilizzato è molto semplice: il domicilio, cioè il luogo di residenza abituale. Poiché l'organizzazione della Chiesa è essenzialmente un criterio territoriale, si stabilisce che in base della residenza abituale i fedeli sanno a chi ricorrore : appartengono a una parrocchia o a una diocesi.

 

È di grande interesse che la Chiesa e la sua legge si preoccupino di attribuire non solo un Ordinario, ma che un fedele possa avere più Ordinari e parroci contemporaneamente, a seconda del luogo di residenza (entra in gioco una residenza meno stabile: il quasi-domicilio, che si acquisisce con tre mesi di residenza: cfr. canone 102, § 2). È persino possibile che una persona abbia un Ordinario o un parroco per criteri non territoriali (un militare avrà l'Ordinario della Ordinariato militare o, se membro di una parrocchia personale, il parroco di quella struttura personale sarà il suo pastore). Ma questo Ordinario e parroco personale si aggiungono all'Ordinario e al parroco del territorio.

 

In questo ambito è chiaro che il fedele gode di grande libertà. Per la celebrazione di alcuni sacramenti, può scegliere il parroco o l'Ordinario tra le varie possibilità offerte dalla legge.

 

L'AUTORE

Luis Felipe Navarro

Rettore della Pontificia Università della Santa Croce, professore di diritto della persona, consulente del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita

 

https://omnesmag.com/it/notizie/che-cosa-e-cambiato-nelle-caratteristiche-personali/

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