I DUE "MOTU PROPRIO" HANNO MODIFICATO IN QUALCHE COSA L'OPUS DEI?

 


L'OPUS DEI DOPO IL “MOTU PROPIO”… E SEMPRE

 

Vi offro una mia traduzione di un articolo tratto da:

 https://misionerosdigitales.com/2023/08/el-opus-dei-despues-de-los-motu-propios-y-siempre/

 

Testo

I due "Motu Proprio"(luglio 2022 e agosto 2023)[1] emanati da Papa Francesco sulle Prelature personali hanno suscitato molti commenti.

Dopo l’uscita dei due documenti ci sono stati giorni frenetici in cui sembravamo tutti dei greci, i quali secondo Luca “tutti gli Ateniesi e i forestieri che abitavano lì non dedicavano il loro tempo ad altro che a dire o ad ascoltare le ultime notizie” (At 17,20), e quindi non è inutile tenere a "freno i cavalli" e prendersi un po' di tempo per pensare un po'.

I due documenti citati sopra ed emanati da Papa Francesco sulle Prelature personali, in un quadro più ampio di rimodellamento della struttura della Curia Romana, hanno provocato un vivace dibattito. Poiché attualmente esiste una sola prelatura personale, per certi versi la prima direttamente coinvolta da questo dibattito è l'Opus Dei. Oserei affermare che nella mente del legislatore le modifiche introdotte mirano a due cose: preparare questa figura giuridica (la prelatura) affinché altre realtà presenti o future della Chiesa possano meglio inserirsi in essa, ed inoltre eliminare alcuni punti di preoccupazione che questo esempio di struttura gerarchica personale potrebbe suscitare in alcuni vescovi diocesani, il cui governo è basato sul territorio.

 

Insieme ai profeti apocalittici di sventura, che cercano di conoscere in prima persona le ultime e nefaste intenzioni che si nasconderebbero dietro questi cambiamenti, sono apparse nella pubblica piazza digitale anche altre voci più serene e ben intenzionate che cercano semplicemente di capire e descrivere la situazione attuale e come gli interventi del Magistero influiscono sull'Opus Dei, unica prelatura personale ad oggi.

 

Interessandomi soprattutto di quest'ultima, ho percepito che le persone, con sincero affetto per l'Opera e i suoi apostolati non riescono a spiegare correttamente alcuni punti che mi sembrano molto più importanti della specifica configurazione giuridica in un dato momento.

 

Fin dai primi anni il fondatore si rese conto che i vini nuovi richiedevano otri nuovi, o per dirla con le sue parole, “non c’erano strade aperte: dovevamo aprirle con i nostri passi”.

L'Opera è stata, sul piano canonico, successivamente “Niente” (1928), "Pia Unione" (1941), Associazione Interdiocesana di Sacerdoti e Laici (1943), Istituto Secolare (1948) e Prelatura Personale (1982). Solo Dio sa se continuerà così o eventualmente assumerà un'altra veste giuridica.

 Dal punto di vista del funzionamento interno e dello spirito c’è invece stata una sorprendente continuità fin dai primi tempi.[2]

 Non sono canonista ma faccio parte dell'Opera da diversi decenni ed è da questo punto di vista che mi permetto questi commenti.

Altri potranno evidenziare altri aspetti. Mi permetto di evidenziarne alcuni in sintesi.

Innanzitutto, le persone sposate. I soprannumerari sono assolutamente parte integrante dell'Opera. Questa è forse la novità più grande nella Chiesa del secolo scorso[3]. Nei commenti che ho letto, essi vengono lasciati da parte come se nella mente di chi scrive fossero un'aggiunta, una componente periferica, "un'idea" di contorno nell'Opera, forse suggerita dalla tradizione secolare dei " terzi ordini " legati agli ordini religiosi. Teologicamente l'Opera non si inquadra nell'evoluzione degli ordini religiosi[4], ma nella maggiore consapevolezza del ruolo dei laici e della loro dignità di battezzati. Quando san Josemaría parlava dei soprannumerari, sottolineava che essi hanno «piena dedizione» all'Opera, con «disponibilità parziale». Che significa? La dedizione al fine e alla missione dell'Opera è totale: santificare il mondo dal di dentro e diffondere la chiamata universale alla santità. Allo stesso tempo, hanno parziale disponibilità di tempo per collaborare ai compiti formativi organizzati dall'Opera.[5]

 

Altro concetto chiave e forse legato al precedente: le persone dell'Opera non si santificano dedicando generosamente il loro “tempo libero” a Dio. Si santificano cercando Dio nel proprio lavoro professionale e nella vita ordinaria 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ancora una volta, è pia visione che ci si santifichi pregando o dedicando un po' di tempo a devozioni o compiti sociali organizzati dalla Chiesa. Per questo gli “amici” dell'Opera sono soliti lodare i sacerdoti per la loro buona dottrina e per essere sempre disponibili ad ascoltare le confessioni. Se questo é vero, rimane il fatto che l'Opera è fondamentalmente laica. I sacerdoti vengono ordinati – perché necessari – su richiesta del Prelato per servire sacramentalmente i fratelli e tutti. Non sono una sorta di “vocazioni tardive”.

 

Il fatto che ora nel Motu Proprio (agosto 2923) sia ricordato che i fedeli dell'Opera appartengono alla loro parrocchia di domicilio non cambia quanto già si sapeva e si viveva. San Josemaría ha sempre voluto che fosse così. Lo ha detto in modo chiaro: «noi non siamo come gli altri: siamo gli altri." Per questo non cambia nulla nel rapporto con la parrocchia o con il vescovo. Cosa può chiedere un vescovo o un parroco a un membro dell'Opera della sua parrocchia o diocesi? La stessa cosa di prima e la stessa cosa che può chiedere a un altro cattolico nello stesso territorio: a parte la disciplina sacramentale, molto poco. Potrebbe chiedergli - come a chiunque altro - di dargli una mano in qualche incarico, parrocchiano o diocesano, e il fedele, con generosità, valutati i pro e i contro, e la disponibilità di tempo secondo gli obblighi familiari e professionali, e le proprie capacità, risponderà liberamente e responsabilmente si o no.

 

Ritornando ai sacerdoti, lo stesso: sono “incardinati” nell’Opera, cioè sono stati ordinati affinché il prelato dell'Opera assegni loro compiti pastorali. Queste si limitano quindi alle necessità dei membri dell'Opera e delle persone che si avvicinano ai suoi apostolati. Se, con lo spirito di sacrificio che li caratterizza, vedranno di poter dare una mano in parrocchia, lo faranno, con l'approvazione del vicario regionale e del direttore laico del centro dell’Opera dove abitano. A volte l'Opera si farà carico di un'intera parrocchia, previo accordo con la diocesi. In questo caso, il prelato – o il vicario regionale – propone il candidato e il vescovo lo nomina parroco e gli affida i compiti pastorali della parrocchia, che svolgerà secondo i parametri stabiliti dal vescovo e secondo lo spirito dell’ Opus Dei.

I numerari non sono una razza a parte. Dal punto di vista della diocesi sono parrocchiani ordinari, anche se, vivendo insieme a sacerdoti della Prelatura in una casa che ha un proprio oratorio, dal punto di vista sacramentale, di solito non avranno bisogno di recarsi in parrocchia se non in casi eccezionali, per esempio per la Messa domenicale.  Sono professionisti che si dedicano al proprio lavoro, vivono in una casa pagata da loro e, da cattolici coscienziosi, incoraggiano altre persone a frequentare i sacramenti nelle rispettive parrocchie. Per questo non “rubano” fedeli alle parrocchie, poiché non fanno concorrenza ad esse. Né il vescovo né il parroco hanno su di loro alcuna prerogativa maggiore di quella che hanno su qualsiasi altro fedele della parrocchia o della diocesi.

 

Un punto centrale dell'Opera è l'amore per la libertà personale.

A volte vogliamo vedere l'Opera come un gruppo organizzato che segue slogan e obiettivi collettivi. A San Josemaría piaceva molto ripetere: “le anatre all’acqua!” e "ogni palo sostenga la propria vela".[6]

 Lo scopo fondamentale dell'Opera è quello di formare e accompagnare la crescita personale con la direzione spirituale. Poi, ciascuno, con i doni che Dio gli ha dato, si domanderà “cos’altro posso fare” e prenda il largo! Con iniziativa, cercando anche soluzioni diverse dagli altri! È normale non essere d'accordo, in tanti campi dell'agire temporale di un comune cristiano: i limiti sono quelli posti dalla Chiesa, non dall'Opera.

 

Anche se, se ne parla poco, lo strumento giuridico fondamentale perché l'Opera sia come Dio la vuole e come la vedeva San Josemaría sono i propri statuti, approvati dalla Chiesai. Le “prelature personali” sono un “contenitore giuridico” in cui si possono inserire realtà diverse, ciascuna con le proprie particolarità che si riflettono negli stessi statuti. Le modifiche in corso di elaborazione sono quelle che garantiranno che non venga tradito lo spirito originario, tenendo conto delle indicazioni date dal Papa. Occorre avere fiducia nella Chiesa, nel fatto che san Josemaría ha reso ben chiaro lo spirito dell'Opera “non scritto, ma scolpito”, e che nell'Opus Dei ci sono ottimi canonisti!

 

Infine, il fatto che il Prelato dell’Opera abbia risposto ai decreti esprimendo la sua “obbedienza filiale” al Santo Padre non è per obbedienza "di facciata", ma per la convinzione con cui si adegua agli insegnamenti del fondatore che diceva: "da Roma non ci può venire niente di male" o che "senza il Papa non siamo nessuno"  o ancora "L'Opera è per  servire la Chiesa”. È vero che non potremmo servirla se il suo carisma venisse cambiato, ma ciò non accadrà: potrebbero esserci delle difficoltà di tanto in tanto a causa della novità, ma saranno sempre risolte a tempo debito e nel modo giusto.

Mons. Ocáriz ama ripetere una frase - una giaculatoria - che san Josemaría disse in latino e che è come un programma di vita: "Tutti con Pietro a Gesù per mezzo di Maria"[7]

 

Autore: Bart Mariner

 



[1] Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» con la quale vengono modificati i cann. 295-296 relativi alle Prelature personali (8 agosto 2023) e Lettera Apostolica in forma di “Motu proprio” Ad charisma tuendum (14 luglio 2022)

 

[2] Quello che possiamo definire “il carisma” (nota del traduttore)

[3] Fedeli laici, uomini e donne, celibi o sposati, per la maggior parte, che insieme ad alcuni sacerdoti, portano avanti la missione dell’Opus Dei che è quella di annunciare la chiamata universale alla santità per tutti, anche con l’esempio della loro vita.

[4] Ancora oggi, rimane il pregiudizio, che la Chiesa sia la “Chiesa dei consacrati” e che i laici siano fedeli cristiani di “serie B” (nora del traduttore).

[5] Quando san Josemaría scriveva che «i soprannumerari si dedicano parzialmente al servizio dell’Opera» [48], si riferiva alla disponibilità materiale per iniziative apostoliche concrete e non a fare l’Opera in misura incompleta, poiché, ripeto ancora, l’Opus Dei lo si fa con tutta la vita (lettera del 28 ottobre del 2020, del Prelato, n. 25)

[6] Indicative dello spirito di libertà e di iniziativa con cui ciascuno vive la propria vocazione dell'Opera. (nota del traduttore)

[7] Omnes cum Petro, ad Iesum per Mariam!

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