INTERVISTA A MONSIGNOR FERNANDO OCÁRIZ!


       INTERVISTA A MONS. OCARIZ.


    INTERVISTA A MONSIGNOR FERNANDO OCÁRIZ, PRELATO DELL'OPUS DEI

"Lavoriamo in un clima di dialogo e di fiducia con la Santa Sede, proprio della Chiesa"

 Cordiale, con spirito aperto, sorridente e amico della chiarezza, Fernando Ocáriz sottolinea che esiste un nucleo immutabile dell'Opus Dei: "La santità in mezzo al mondo".

Ramón Balmes 22/06/2024, rivista "El debate"

 

Un grande modello di nave simile alla J.J. Sister con cui san Josemaría viaggiò da Barcellona a Genova nella notte movimentata del 21 giugno 1946, presiede la stanza. L'intervista si svolge in una grande sala di legno e mattoni a Villa Tevere, ex sede dell'Ambasciata d'Ungheria presso la Santa Sede, oggi sede prelatizia dell'Opus Dei, nel quartiere Pinciano.

Accanto al caminetto, ci sono due piccoli scaffali con una fotografia di san Josemaría accompagnato da alcuni dei primi membri dell'Opus Dei e tre libri di consultazione del fondatore: la poesia di Jacint Verdaguer, quella di Joan Maragall e la Bibbia.

"Quando arrivai a Roma nel 1967 dormivamo in stanze con quattro letti a castello e in questa stanza si riunivano circa 200 membri del Collegio Romano della Santa Croce."

Fernando Ocáriz Braña (Parigi, 1944, ultimo di otto fratelli da una famiglia in esilio) è dal 2016 il terzo prelato dell'Opus Dei. Laureato in Fisica presso l'Università di Barcellona e dottorato in Teologia presso l'Università di Navarra, Ocáriz è stato ordinato sacerdote nel 1971 e ha vissuto a Roma con Escrivá de Balaguer e Álvaro del Portillo.

 Successivamente fu il sostegno più diretto di Javier Echevarría. Tutti e tre sono sepolti nella chiesa di Santa María de la Pace, che si trova nello stesso complesso. Gran parte del suo lavoro teologico è stato svolto anche accanto al cardinale Ratzinger, nella congregazione per la dottrina della fede. Un bilancio di 57 anni di lavoro dalla sede dell'Opus Dei che si è alternato all'insegnamento universitario. Fa parte della struttura di Governo dell'Opera dal 1994, anno della morte del Beato Álvaro del Portillo.

Cordiale, con spirito aperto, sorridente e amico della chiarezza, Fernando Ocáriz sottolinea che esiste un nucleo immutabile dell'Opus Dei: "La Santità in mezzo al mondo". Ora, sulla strada del centenario, l'Opera delinea il suo futuro approfondendo la propria identità e lavorando in spirito di collaborazione con il Vaticano per adeguare gli statuti alle nuove disposizioni pontificie. In questo momento la Prelatura è presente in 68 Paesi e conta 93.700 membri, di cui 2.122 sacerdoti. Circa il 60% sono donne e il 40% uomini. L'aneddoto ce lo racconta Marc Carroggio, del servizio comunicazione della Prelatura, mentre ci avviciniamo alle finestre della sala che si affaccia su viale Bruno Buozzi: «Una volta, una persona chiese a san Josemaría quale fosse la sua cappella preferita in questo edificio, e avvicinandosi alle finestre e indicando la strada, disse: é questa, perché la nostra vocazione è cercare Dio in mezzo al mondo.

 

Cosa resta e cosa è cambiato nell’Opera durante tutto questo tempo?

 –Nell’Opus Dei c’è uno spirito di fondo, un messaggio significativo sulla santità in mezzo al mondo, che non è cambiato: è il nucleo immutabile che gli dà senso, perché, come avviene nelle istituzioni, se l’Opus Dei esiste è proprio per preservare e diffondere nel tempo un certo messaggio. Allo stesso tempo, il fondatore, san Josemaría, avendo ben chiara la necessità di mantenere intatto quello spirito, affermava che nel tempo le forme possono e devono cambiare. In cento anni la società e la Chiesa si sono evolute molto, e anche l'Opus Dei, poiché è parte della Chiesa e della società.

Le trasformazioni che hanno coinvolto fenomeni come la globalizzazione, la conquista femminile dello spazio pubblico, le nuove dinamiche familiari, ecc., trovano riflesso nell'Opus Dei come istituzione e nella vita reale dei suoi membri. Saper cambiare - modellare ogni cambiamento a partire dall'essenziale - è un requisito per poter rimanere fedeli a una missione.

 

Come incidono le nuove disposizioni pontificie sull’Opus Dei? Influiscono sulla vita quotidiana dell’istituzione?

–L'ambito del diritto e la vita concreta vanno insieme e, allo stesso tempo, hanno le loro distinzioni. Nella vita quotidiana dei laici, immersi nelle faccende di questo mondo, le nuove disposizioni non modificano il modo in cui vivono la loro vocazione all'Opera. Per quanto riguarda l'Opus Dei come istituzione, stiamo collaborando con il Dicastero del Clero per apportare modifiche agli statuti, come richiesto dal Santo Padre nel Motu proprio Ad charisma tuendum. Dato che stiamo ancora studiando questi aggiustamenti, non posso anticipare quale sarà il risultato. Sì, posso assicurarvi che, nello svolgimento di questo lavoro, si è instaurato un clima di dialogo e di fiducia, tipico della Chiesa come famiglia di Dio.

 

– Non si clericalizza un'istituzione della Chiesa la cui ragione d'essere sono i laici? In che misura queste misure possono incidere sull’obiettivo dei laici di essere santi in mezzo al mondo?

Il messaggio dell'Opus Dei si rivolge principalmente ai laici, uomini e donne in mezzo al mondo, che fin dall'inizio sono stati la stragrande maggioranza all'interno dell'Opera, e la sua ragion d'essere.

Come non andrebbero assolutizzati i carismi, così non dovrebbe capitare nemmeno per il diritto. Per questo l'Opus Dei ha sperimentato diverse soluzioni istituzionali per trovare la formula più adeguata, che integri, da un lato, la custodia del carisma e, dall'altro, una figura giuridica che gli dia un posto nella Chiesa e rifletta la sua natura senza bloccarla o soffocarla.

 

–L’Opus Dei del XXI secolo cercherà, al posto della prelatura personale, un nuovo modello giuridico che si adatti meglio alle nuove forme di vita cristiana?

–La figura giuridica della prelatura personale si adattava molto bene allo spirito dell'Opus Dei e ai suoi apostolati. Come ho accennato in precedenza, siamo in pieno dialogo con la Santa Sede per l'adeguamento degli statuti. Come avrà compreso, non sarebbe opportuno da parte mia fare riferimento ad un eventuale nuovo modello giuridico prima di aver completato il processo su cui stiamo lavorando da quasi due anni.

L’elasticità del diritto canonico può aiutare a coniugare il desiderio della Santa Sede e dell’Opera stessa di spingere la missione della Chiesa in un mondo che cambia, trovando soluzioni adeguate senza condizionamenti istituzionali.

 

–In vista del centenario, quando l'Opus Dei ha vescovi e arcivescovi in tutto il mondo, non sarebbe opportuno che il prelato fosse anche vescovo?

–Se mi permette di chiarire, dobbiamo tenere presente che i pochi vescovi e arcivescovi che provengono dall’Opus Dei nel mondo lo sono delle proprie Chiese particolari e, quindi, rispondono solo al Papa, non hanno nessun altro superiore.

Penso che il fatto che il beato Álvaro e monsignor Javier Echevarría abbiano ricevuto la consacrazione episcopale sia stato molto positivo per rafforzare la comunione ecclesiale in quegli anni, dal 1991 al 2016. Attualmente la questione sta nel seguire fedelmente le disposizioni del Santo Padre, piuttosto che fermarsi a ciò che è più o meno appropriato.

 

–Perché una parte della gerarchia ecclesiastica ha visto nell’Opus Dei un movimento rivale o una chiesa parallela quando i fedeli dell’Opera sono anche fedeli delle diocesi territoriali?

–Percepisco, in generale, apprezzamento da parte della gerarchia e delle altre istituzioni della Chiesa. Le persone dell'Opera sono consapevoli di navigare sulla stessa barca della Chiesa, nella quale convivono spiritualità e sensibilità diverse. Ognuno ha il suo posto in quella barca e ciascuno apporta il carisma ricevuto da Dio e confermato dall'autorità ecclesiale. Si vorrebbe piuttosto evidenziare il rapporto fraterno tra le istituzioni e l'aspirazione ad una vera comunione ecclesiale, anzitutto con il Santo Padre.

Se ci sono state delle perplessità da parte di qualche istituzione della Chiesa, forse è dovuto ai rapporti umani imperfetti, che dovremmo cercare di risolvere giorno per giorno, con normalità. A volte i malintesi nascono anche dalla comprensibile difficoltà storica di accogliere realtà che portano con sé una novità che a prima vista può sconcertare. Mi piace pensare che appartengano al passato.

 

–Qual è la situazione attuale dello sviluppo dell’Opus Dei nel mondo? Ci sono piani di espansione specifici per il centenario? In quali paesi i incontrano maggiori difficoltà?

–Si potrebbe dire che lo sviluppo dell’Opus Dei avviene come quello del resto della Chiesa nel mondo. L'Opera nel suo insieme è cresciuta negli ultimi anni, ma ciò non significa che cresca ovunque o che lo faccia allo stesso modo.

Ad esempio, l’Opera cresce in paesi come la Nigeria, gli Stati Uniti o il Brasile, mentre il suo lavoro costa di più in altri luoghi, come l’Europa e l’Asia. Gli ostacoli esterni vengono talvolta dalla secolarizzazione della società, da certi stili di vita che rendono difficile la formazione di famiglie durature o la comprensione del celibato o delle vocazioni dedite al servizio e alla cura. Ci sono anche ostacoli che ogni cristiano in mezzo al mondo deve affrontare, come il pericolo della mondanità. Non esistendo un contesto di fede condiviso, è richiesta una particolare delicatezza di cuore per essere coerenti con i propri impegni familiari o vocazionali.

Da un punto di vista geografico, la diversità culturale e religiosa è molto ampia. Incarnare la vocazione cristiana in città a maggioranza musulmana come Mombasa (Kenya) o Surabaya (Indonesia) non è la stessa cosa che a Lisbona o Varsavia. Come sanno bene le persone dell'Opera che vivono in questi luoghi, la semina evangelizzatrice guarda a un orizzonte di decenni, come in Cina o in Corea del Sud. In questi Paesi, insieme alle difficoltà, c’è anche un forte dinamismo ecclesiale tradotto in conversioni, battesimi di giovani e di adulti, ecc.

D'altra parte, l'Opera vive da alcuni anni un momento di riorganizzazione della propria struttura per migliorare il governo e l'azione apostolica. In ogni caso, a prescindere dalla programmazione e dalla riorganizzazione, è Dio stesso a farsi strada in ogni tipo di società, toccando il cuore delle persone, perché solo Lui è la risposta ai desideri e alle speranze dell'essere umano.

 

–L’Opus Dei è stata la prima organizzazione cattolica ad ammettere come cooperatori non cattolici. È innanzitutto un segno di ecumenismo?

–Nel 1950, quando san Josemaría ottenne dalla Santa Sede l’autorizzazione ad ammettere nell’Opus Dei come cooperatori uomini e donne non cattolici, il movimento ecumenico era già in corso da tempo, sia all’interno della Chiesa cattolica, sia all’interno delle altre Confessioni cristiane. Era un'ulteriore manifestazione di quell'impulso naturale ad unire tutti i credenti in Gesù Cristo. Da allora ci sono stati molti frutti di amicizia e di dialogo con persone di altre confessioni religiose.

 

–Come dovrebbero agire i cristiani di fronte al crescente ambiente di polarizzazione politica e sociale in così tante parti del mondo?

–In ciò che è opinabile, con molta libertà. Come cristiani, con carità e comprensione. E come diceva san Josemaría: “Sempre seminatori di pace e di gioia”, anche se a volte è difficile in ambienti litigiosi e polarizzati. È importante amare e comprendere le persone, anche se a volte la pensano diversamente.


(TRADUZIONE MIA, DI SEGUITO IL LINK PER ANDARE NELL'ARTICOLO ORIGINALE IN SPAGNOLO)

 

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