16. Farisei, sadducei, esseni, zeloti, chi erano?
Nel mondo ebraico palestinese del I secolo della nostra era, mancando un magistero religioso comune e riconosciuto, ed essendo venuta meno l’unità politica, erano sorti gruppi che si differenziavano tra loro per il modo di interpretare le Scritture di Israele e sul giusto atteggiamento da tenere verso i dominatori stranieri.
Ai tempi di Gesù, i più apprezzati dalla maggioranza del popolo erano i farisei.
Il loro nome, dall’ ebraico perushim, o dall’aramaico perishaia significa “separati”. Giudei osservanti, attribuivano la massima importanza a tutto quanto fosse collegato alla osservanza delle leggi di purezza rituale anche fuori del Tempio. Le norme per la purificazione, stabilite per il culto, diventarono per loro la regola di un ideale di vita anche per l’attività quotidiana, che veniva così ritualizzata e sacralizzata. Insieme alla Legge scritta (Torah o Pentateuco), raccoglievano e conservavano tutta una serie di tradizioni e di modi su come compiere le prescrizioni della Legge. Raccolte che acquistarono sempre più importanza fino ad essere accolte come una “Torah” orale, attribuita anche essa a Dio. Secondo le loro convinzioni, questa Torah orale fu donata insieme alla Torah scritta da Mosè sul Sinai, e pertanto entrambe avevano identica forza vincolante.
Per una parte dei farisei la dimensione politica aveva un’importanza decisiva ed era legata all’impegno per la indipendenza nazionale, poichè nessun potere straniero poteva sovrapporsi alla sovranità del Signore sul Popolo Eletto. Questo gruppo è conosciuto con il nome di zeloti, che probabilmente si dettero essi stessi, alludendo al loro zelo per Dio e per il compimento della Legge. Sebbene fossero convinti che la salvezza la concede Dio, erano pure certi che il Signore facesse assegnamento anche sulla collaborazione umana per conseguire questa salvezza. Questa cooperazione si manifestò per prima cosa nell’ambito puramente religioso, nello zelo per il compimento stretto della Legge. Più tardi, a partire dalla decade dei cinquanta, nacque il convincimento che doveva manifestarsi anche nell’ambito militare, per cui non si poteva rifiutare l’uso della violenza quando questa fosse stata necessaria per vincere, ne si doveva aver paura a perdere la vita in combattimento, giacché era come un martirio per santificare il nome del Signore.
I sadducei, da parte loro, formavano una oligarchia: erano persone dell’alta società, membri delle famiglie sacerdotali, colti, ricchi e aristocratici. Da loro erano usciti fin dall’inizio della occupazione romana i sommi sacerdoti che, in quel frangente, erano i rappresentanti dei giudei davanti al potere imperiale. Interpretavano in modo molto sobrio la Torah, che per loro si limitava al solo Pentateuco, senza cadere nella casistica tipica dei farisei e non dando valore alle tradizioni che questi consideravano la Torah orale. A differenza dei farisei non credevano nella sopravvivenza dopo la morte, ne condividevano le loro speranze escatologiche. Non godevano della popolarità dei farisei, ma detenevano il potere religioso e politico, per cui erano molto influenti. Al tempo di Gesù dominavano ancora il sinedrio, ma dopo la caduta di Gerusalemme nel 70 d.C. non si sentì più parlare di loro.
Uno dei gruppi più studiati negli ultimi anni è quello degli esseni. Attraverso Flavio Giuseppe abbiamo amplia informazione su come vivevano e su quali erano le loro credenze, e soprattutto dai documenti trovati a Qumràn, nel deserto di Giuda vicino il Mar Morto, dove sembra si istallarono alcuni di loro.
Una caratteristica specifica degli esseni consisteva nel rigetto del culto che si faceva nel tempio di Gerusalemme, giacché era realizzato da una classe sacerdotale che aveva perso prestigio fin dall’epoca della dinastia asmonea. Di conseguenza gli esseni optarono per segregarsi da queste pratiche comuni con l’idea di conservare e restaurare la santità del popolo in un ambito più ridotto, quello della loro comunità. Il ritiro di molti di loro in zone desertiche si proponeva di precludere il pericolo di contaminazione nel contatto con altre persone. La rinuncia a mantenere relazioni economiche o ad accettare regali non derivava solo da un ideale di povertà, ma era un modo di evitare contaminazioni col mondo esteriore per salvaguardare la purezza rituale. Attuata la rottura con il Tempio e il culto ufficiale, la comunità essena prende coscienza di se stessa come tempio immateriale che prende il posto transitoriamente del tempio di Gerusalemme fintanto che in quel luogo si fosse continuato a realizzare un culto considerato indegno.
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