COMMENTO AL VANGELO DI DOMANI: LUCA 6,20-26: BEATITUDINI



Mercoledì della XXIII settimana delle ferie del Tempo Ordinario
In quel tempo, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
«Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.»

Ogni 43 secondi nel mondo una persona si toglie la vita.
Una persona che arriva togliersi la vita vuol dire che non vede in se alcun valore.
Da un punto di vista soggettivo è difficile giudicare che compie un gesto così estremo. E anche attribuirne la responsabilità morale.
Ma sul piano oggettivo è l’annullamento di ogni significato e di ogni valore, la povertà assoluta. Arrivare a considerarsi “niente”. Non solo non aver niente, ma non essere niente.
Ma quale  è il processo per cui si arriva ad un tale deserto esistenziale per cui è preferibile morire. Ogni caso è diverso, le situazioni sono diverse, ma sembra che ciò che angustia di più è il sentirsi non amati, la solitudine profonda, il non aver più alcuna risorsa spirituale.

Paradossalmente Gesù proclama “beati i poveri”. Felici!
La povertà e i poveri hanno molto spazio negli insegnamenti di Gesù, ma qui si parla di una “povertà, che è felicità”, perché è l’opposto di quello che dicevamo prima.
 I poveri, che dobbiamo esser ciascuno di noi, se vogliamo essere discepoli di Gesù, sono coloro che hanno capito che l’avere: ricchezze, successo, fama, potere, non è il vero fine.
Non pongono in tutte queste cose  la loro speranza.
Ma piuttosto nella gioia di ciò che siamo. La gratitudine per la vita, per l’amore che riceviamo o l’amore che siamo capaci di dare, per la bellezza della creazione. Francesco ha lasciato tutto, perché ha scoperto tante altre ricchezze!

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