SILVIA ROMANO: EROINA, COMPLICE O SEMPLICEMENTE VITTIMA?


Come capita nei fatti di cronaca che hanno grande visibilità e fruibilità mediatica, il caso della volontaria rapita ed adesso liberata, è diventato un campo di battaglia ideologica e politica ed ognuno vuol imporci la propria “narrazione”.
Alcuni considerano Silvia un’eroina, altri la trattano alla stregua di una complice del suo stesso rapimento.
Nessuno l’ha invece considerata per quello che oggettivamente è: una vittima.
Un magistrato ha aperto un’inchiesta per sequestro di persona. Partirei da qui, per evitare che la passione ci faccia perdere di vista il dato oggettivo.
Silvia Romano, é stata rapita, fatto non raro, da gruppi terroristici per autofinanziarsi.
Nelle poche ore dalla notizia della liberazione  due sono stati gli argomenti su cui si è concentrata l’attenzione, e la polemica:  
il riscatto (c’è stato, non c’è stato, quanti soldi, ecc..) e la conversione.
La conversione è un processo interiore profondo, molto intimo e personale. Nessuno può giudicare o cercare di interpretare ciò che è accaduto. Prendiamo atto delle dichiarazioni dell’interessata e fermiamoci qui.
Non ho invece letto niente che mettesse in evidenza la sofferenza di Silvia.
Mettiamoci per un momento nei panni di una ragazza giovane, che sta facendo un’esperienza per lei molto bella e appagante, che viene brutalmente sequestrata, trascinata di qua e di la, in mezzo a persone che non conosce e con cui non può interagire. Domande senza risposte, l’ansia per il futuro e il tempo che passa senza speranza.
Silvia ha dichiarato di aver pianto per un mese.
Sarà un modo di dire, ma da la dimensione della grande sofferenza interiore. Una sofferenza che ti schiaccia e ti ferisce. Frantumando l’io interiore. Ogni sicurezza, ogni certezza, ogni legame reciso. Poi ci si abitua, si cerca di ritrovare un certo equilibrio si è disposti a tutto, ci si sottomette per non essere schiacciati.
Diciotto mesi!
Di tortura psicologica, mancanza di libertà e insicurezza. Chi vorrebbe fare questa esperienza e chi sarebbe capace di resistervi?
L’abbiamo vista arrivare a Ciampino, insicura e fragile, abbracciare, quasi afferrandosi alla madre e alla sorella, segno di una paura profonda, di una ferita lacerante che piano piano, speriamo saprà curare.
Quella non è Silvia Romano, è una ragazza spaurita, ancora incapace di rendersi conto di quello che gli è successo e perché. Che forse tra molto tempo sarà capace di ritrovare sé stessa.
E il riscatto? Lo Stato ha fatto quello che avrebbe fatto in tutte le situazioni simili. Se fosse avvenuto in Italia, avrebbe applicato la legge, e quindi bloccato ogni possibile contatto tra famiglia e rapitori e avrebbe messo in campo tutte le sue forze, dispendiose senza badare a spese, fino a liberare l’ostaggio e punire i colpevoli.
Essendo avvenuto all’estero e in una zona in cui non ci sono autorità forti e immuni da compromessi con il terrorismo, e quindi indisponibili o incapaci di collaborare, si sarà dovuto cercare amici, contattare chi in quella zona ha legami e influenza, e si, versare soldi. Lo fanno tutti.
Ma i nostri soldi! Be, almeno possiamo dire che sono stati ben spesi, non sempre é così!

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