PENSIERI PER OGNI GIORNO CON SAN JOSÉMARÍA
pensieri per questa settimana: “Come va la tua presenza di Dio?”
La presenza di Dio, la coscienza della sua esistenza, si può intendere in senso oggettivo quando meditiamo che Lui, in quanto Creatore, è presente in tutte le cose e, nella sua Provvidenza, le mantiene nell’essere. E nella sua libertà si è reso presente in Cristo e nell’Eucarestia. In senso soggettivo si intende per “presenza di Dio”, la coscienza progressiva che l’uomo può avere della realtà divina percependola nella natura, nel proprio intimo e negli altri. Fino ad arrivare ad illuminare, con una fede viva, tutta la sua vita. San Josémaria la intendeva in questo secondo significato, che sgorga dalla consapevolezza che seguire Cristo significa avere la certezza di “esser figli”, realtà che possiamo scoprire anche nelle attività della vita quotidiana.
Una delle convinzioni radicate nei primi cristiani era che si potevano rivolgere a Dio come figli amati. Gesù stesso aveva loro insegnato: «Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli...» (Mt 6, 9). Gli apostoli lo avevano ascoltato mentre si rivolgeva a Dio con il termine che usavano i bambini ebrei nel rivolgersi ai loro genitori. E, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, essi stessi avevano cominciato a usare questa formula. Si trattava di una cosa completamente nuova rispetto alla pietà di Israele, e San Paolo ne parlerà come di una cosa comune e conosciuta da tutti: «avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre! Lo Spirito stesso attesta al nostro Spirito che siamo figli di Dio» (Rm 8, 15-16).
Domenica: anime contemplative
Ogni volta che sentiamo nel cuore il desiderio di essere migliori, di corrispondere con più generosità al Signore, e cerchiamo una luce che ci guidi, un riferimento preciso per la nostra esistenza cristiana, lo Spirito Santo porta alla nostra memoria le parole del Vangelo: è necessario pregare sempre, senza stancarsi [Lc 18, 1]. L'orazione è il fondamento di ogni attività soprannaturale; l'orazione ci rende onnipotenti, e se prescindessimo dalla sua potenza non otterremmo nulla.
Vorrei che oggi, in questa nostra meditazione, ci persuadessimo una volta per sempre della necessità di avviarci ad essere anime contemplative, nel bel mezzo della strada e del lavoro, grazie ad un colloquio costante con il nostro Dio, che non deve mai venir meno lungo tutta la giornata. Se vogliamo seguire lealmente le orme del Maestro, è questa l'unica via. (Amici di Dio, nn. 238-239)
Lunedì: “Ricominciare!”
Di continuo sperimentiamo la nostra personale inefficacia. Ma a volte sembra che tutte queste cose si sommino insieme e si manifestino con maggiore evidenza; allora ci rendiamo conto più che mai di essere ben poca cosa. Che fare? Expecta Dominum [Sal 26, 14], spera nel Signore; vivi di speranza, ci suggerisce la Chiesa, con amore e con fede. Viriliter age [Sal 26, 24], comportati virilmente. Che cosa importa essere creature di fango, se la nostra speranza è riposta in Dio? Se in qualche momento un'anima sperimenta la caduta, o fa un passo falso, si cerca il rimedio opportuno, come si fa abitualmente quando è in pericolo la salute fisica; poi, di nuovo in piedi!
Di fronte alle nostre miserie e ai nostri peccati, di fronte ai nostri errori — anche se, per grazia di Dio, sono di poca importanza —, ricorriamo alla preghiera e diciamo a Dio nostro Padre: «Signore, alla mia povertà, alla mia fragilità, ai cocci di questo vaso rotto, provvedi tu, e io — con il mio dolore e con il tuo perdono — sarò più forte e più bello di prima». È una preghiera consolante, da ripetere ogni volta che si rompe la povera terracotta di cui siamo fatti. (Amici di Dio, nn.94-95)
Martedì: “Devi pensare alla tua vita, e chiedere perdono”
Con serenità, senza scrupoli, devi pensare alla tua vita, e chiedere perdono, e fare il proposito fermo, concreto e ben deciso, di migliorare in questo e in quel punto: in questo particolare che ti costa, e in quello che abitualmente non porti a compimento come devi, e lo sai. (Forgia, 115).
Considera attentamente la tua condotta. Vedrai che sei pieno di errori, che danneggiano te e forse anche coloro che ti stanno accanto.
— Ricorda, figliolo, che i microbi non sono meno importanti delle bestie feroci. E tu coltivi questi errori, questi sbagli — come si coltivano i microbi in un laboratorio —, con la tua mancanza di umiltà, con la tua mancanza di orazione, con le tue omissioni nel compimento del dovere, con la poca conoscenza di te stesso... E, poi, questi focolai infettano l'ambiente.
— Hai bisogno di un buon esame di coscienza quotidiano, che ti conduca a propositi concreti di miglioramento, affinché tu senta un vero dolore per le tue mancanze, per le tue omissioni e per i tuoi peccati. (Forgia, 481)
Mercoledì: “Il Dio della nostra fede non è un essere lontano”
Considera ciò che di più bello e di più grande c'è sulla terra..., ciò che piace all'intelletto e alle altre facoltà..., e ciò che è godimento della carne e dei sensi...
Considera il mondo, e gli altri mondi che brillano nella notte: tutto l'Universo. —Ebbene, tutto ciò, unito a tutte le follie del cuore soddisfatte..., non vale niente, è niente e meno di niente, a confronto di questo Dio, mio! tuo!, tesoro infinito, perla preziosissima, umiliato, fatto schiavo, annichilito in forma di servo nella grotta dove volle nascere, nella bottega di Giuseppe, nella Passione e nella morte ignominiosa... e nella pazzia d'Amore della Santa Eucaristia. (Cammino, 432)
Bisogna adorare devotamente questo Dio nascosto: è lo stesso Gesù nato da Maria Vergine, lo stesso che realmente patì e fu immolato in Croce per noi, lo stesso dal cui fianco trafitto uscirono sangue e acqua.
Questo è il sacro convito, in cui Cristo è nostro cibo, si perpetua il memoriale della sua Passione, l'anima è ricolma di grazia e a noi viene dato il pegno della gloria futura. La liturgia della Chiesa ha riassunto in queste brevi strofe i momenti culminanti della storia di ardente carità che il Signore ci dona. Il Dio della nostra fede non è un essere lontano, che contempla impassibile la sorte degli uomini: le loro fatiche, le loro lotte, le loro angosce. È un padre che ama i suoi figli fino al punto di inviare il Verbo, Seconda Persona della Santissima Trinità, affinché si incarni, muoia per noi e ci redima. È lo stesso Padre affettuoso che adesso ci attrae dolcemente a se con l'azione dello Spirito Santo che abita nei nostri cuori. (E' Gesù che passa, 84)
Giovedì: “Adesso è lì, con la sua Carne e con il suo Sangue”
«Questo è il mio Corpo»..., e Gesù si immolò, occultandosi sotto le specie del pane. Adesso è lì, con la sua Carne e con il suo Sangue, con la sua Anima e con la sua Divinità: così come nel giorno in cui Tommaso mise le dita nelle sue Piaghe gloriose. Tuttavia, in molte occasioni, tu giri al largo, senza nemmeno abbozzare un breve saluto di mera cortesia, come fai con qualsiasi persona conosciuta che incontri per strada. Hai molta meno fede di Tommaso! (Solco, 684)
Sii anima di Eucaristia! — Se il centro dei tuoi pensieri e delle tue speranze è il Tabernacolo, come saranno abbondanti, figlio mio, i frutti di santità e di apostolato! (Forgia, 835)
Gesù è rimasto nell'Eucaristia per amore..., per te. — È rimasto, pur sapendo come l'avrebbero ricevuto gli uomini..., e come lo ricevi tu.
— È rimasto, affinché te ne cibi, affinché tu gli faccia visita e gli racconti le tue cose e, frequentandolo nell'orazione accanto al Tabernacolo e nella ricezione del Sacramento, ti innamori ogni giorno di più, e faccia in modo che altre anime — molte! — seguano lo stesso cammino. (Forgia, 887)
Venerdì: “La Messa è azione divina, trinitaria, non umana”
Non è strano che molti cristiani, posati e persino solenni nella vita di relazione (non hanno fretta), nelle loro poco attive attività professionali, a tavola, nel riposo (neanche in ciò hanno fretta), si sentano incalzati dalla fretta e incalzino il Sacerdote, nella loro ansia di abbreviare, di affrettare il tempo dedicato al Sacrificio Santissimo dell'Altare? (Cammino, 530)
La Messa — ripeto — è azione divina, trinitaria, non umana. Il sacerdote che celebra, collabora al progetto del Signore, prestando il suo corpo e la sua voce; ma non agisce in nome proprio, bensì in persona et in nomine Christi, nella persona di Cristo e nel nome di Cristo.
È il sacrificio di Cristo, offerto al Padre con la cooperazione dello Spirito Santo: oblazione di valore infinito, che rende eterna in noi la Redenzione che i sacrifici dell'antica legge non hanno potuto realizzare. (E' Gesù che passa, 86)
Sabato: “È davvero breve il tempo che abbiamo per amare”
Un figlio di Dio non ha paura della vita e non ha paura della morte, perché il fondamento della sua vita spirituale è il senso della filiazione divina: Dio è mio Padre, egli pensa, ed è l'Autore di ogni bene, è tutta la Bontà. — Ma tu e io, agiamo davvero da figli di Dio? (Forgia, 987)
La fugacità del cammino su questa terra dovrebbe incitare noi cristiani a trarre maggior profitto dal tempo, non certo ad aver paura del Signore, e ancor meno a considerare la morte una tragica fine. Un anno che passa — lo si è detto in mille modi, più o meno poetici —, con la grazia e la misericordia di Dio, è un passo avanti verso il Cielo, nostra Patria definitiva.
Pensando a questa realtà, comprendo molto bene l'esclamazione di san Paolo ai corinzi: Tempus breve est! [1 Cor 7, 29], come è breve la durata del nostro passaggio sulla terra! Queste parole, per un cristiano coerente, risuonano nel più intimo del cuore come un rimprovero per la propria mancanza di generosità, come un costante invito a essere leale.
È davvero breve il tempo che abbiamo per amare, per dare, per riparare. Non è giusto perciò che lo sperperiamo, che gettiamo irresponsabilmente questo tesoro dalla finestra: non possiamo sprecare il momento del mondo che Dio ha affidato a ciascuno di noi. (Amici di Dio, 39-40)
Fonte della raccolta: Ufficio Comunicazione Prelatura dell'Opus Dei.
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