IN CAMMINO CON I MAGI VERSO BETLEMME!

EPIFANIA 

(Stralci dall'omelia "L'Epifania del Signore", di san Josémaría in "Gesù che passa")


Oro, incenso e mirra 

 35. Videntes autem stellam, gavisi sunt gaudio magno valde; così il testo latino, con quell'ammirevole ripetizione: hanno scoperto nuovamente la stella e gioiscono di grandissima gioia. Perché tanta letizia? Perché essi, che non avevano mai dubitato, ricevono dal Signore la prova che la stella non era scomparsa: non potevano più contemplarla sensibilmente, ma l'avevano conservata sempre nell'anima. 

Tale è anche la vocazione del cristiano: se non si perde la fede e si mantiene la speranza in Gesù Cristo, che sarà con noi fino alla consumazione dei secoli, la stella riappare. E quando si comprova una volta di più la realtà della vocazione, nasce, più grande che mai, una gioia che aumenta in noi la fede, la speranza e l'amore. 

Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria, sua Madre, e prostratisi lo adorarono. Ci inginocchiamo anche noi dinanzi a Gesù, al Dio nascosto nell'umanità: gli ripetiamo che non vogliamo voltare le spalle alla sua divina chiamata, che non ci allontaneremo mai da Lui, che toglieremo dal nostro cammino tutto ciò che è di ostacolo alla fedeltà, che desideriamo sinceramente essere docili alle sue ispirazioni. Tu, nel tuo intimo, e io con te — perché anch'io faccio la mia orazione interiore, con grida profonde e silenziose — stiamo dicendo al Bambino che desideriamo compiere la sua volontà, come quei servitori della parabola, affinché possa dire anche a noi: Rallegrati, servo buono e fedele. 

 Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Fermiamoci un po' e cerchiamo di capire questo passo del Vangelo. Come è possibile che noi, che siamo nulla e nulla valiamo, possiamo fare delle offerte a Dio? 

Dice la scrittura: Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto. L'uomo non riesce neppure a scoprire pienamente la profondità e la bellezza dei doni del Signore: Se tu conoscessi il dono di Dio!, dice Gesù alla samaritana. Gesù ci ha insegnato ad attendere tutto dal Padre, a cercare prima di ogni cosa il regno di Dio e la sua giustizia, perché tutto il resto ci sarà dato in sovrappiù, ed Egli sa bene di che cosa abbiamo bisogno. Nell'economia della salvezza, il Padre nostro dei Cieli si prende cura di ogni anima con amorosa delicatezza: Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. (...)  Ma il Signore sa che il dare è proprio degli innamorati, ed Egli stesso ci indica che cosa desidera da noi. 

Non gli importano le ricchezze, i frutti o gli animali della terra, del mare o dell'aria, perché tutto è suo; vuole qualcosa di intimo che gli dobbiamo offrire con libertà: Figlio mio, dammi il tuo cuore. (...) Torno a ripetere che non cerca le nostre cose, cerca noi stessi. Solo da qui, da questo primo dono, acquistano senso tutti gli altri doni che possiamo offrire al Signore. 

 Diamogli pertanto dell'oro: 

l'oro puro dello spirito di distacco dal denaro e dai mezzi materiali, cose che pure sono buone, perché vengono da Dio. Ma il Signore ha disposto che le utilizzassimo senza lasciarvi il cuore, mettendole a frutto per il bene comune di tutti gli uomini. I beni della terra non sono cattivi; si pervertono quando l'uomo li trasforma in idoli, davanti ai quali si prostra; si nobilitano, invece, quando li usiamo come strumenti di bene, in un compito cristiano di giustizia e di carità. Non possiamo correre dietro ai beni materiali, come se in essi fosse il nostro tesoro. Il nostro tesoro è qui, adagiato in una mangiatoia; è Cristo, e in Lui devono orientarsi tutti i nostri affetti, perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. 

 36. Offriamogli poi l'incenso: 

è l'anelito, che sale fino al Signore, di condurre una vita nobile che diffonda intorno a sé il bonus odor Christi, il profumo di Cristo. Quando le parole e le azioni sono impregnate del bonus odor, si semina comprensione, amicizia. 

La nostra vita deve accompagnare quella degli altri perché nessuno sia o si senta solo. La nostra carità deve essere anche affetto, calore umano. Ce lo insegna Gesù. (...)

Nasce un bambino a Betlemme. E il Redentore del mondo; e ancor prima di parlare ama con le opere. Non porta nessuna formula magica, perché sa che la salvezza che offre deve passare attraverso il cuore dell'uomo. E affinché ci innamorassimo di Lui e sapessimo accoglierlo nelle nostre braccia, le sue prime azioni sono il sorriso e il pianto di un bambino, il sonno inerme di un Dio incarnato. Ci rendiamo conto una volta di più che il cristianesimo è fatto così. Se il cristiano non ama con le opere, è fallito come cristiano; ed è come dire che è fallito anche come uomo. Non puoi pensare agli altri come fossero dei numeri o degli scalini per arrampicarsi; oppure come fossero massa da esaltare o da umiliare, da adulare o disprezzare, a seconda dei casi. Prima di ogni altra cosa, devi pensare agli altri, a coloro che ti sono vicini, stimandoli per quello che sono: figli di Dio, con tutta la dignità di questo titolo meraviglioso. (...)

37 Assieme ai Magi, offriamo infine la mirra, ossia il sacrificio, che non deve mai mancare nella vita cristiana. La mirra ci porta alla memoria la Passione del Signore: sulla croce gli diedero da bere mirra mista a vino (cfr Mc 15, 23), e con la mirra unsero il suo corpo per la sepoltura (cfr Gv 19, 39). Ma non crediate che riflettere sulla necessità del sacrificio e della mortificazione sia come aggiungere una nota di tristezza alla gioia della festa che oggi celebriamo. Mortificazione non è pessimismo, non è grettezza d'animo. La mortificazione non vale niente senza la carità. Dobbiamo pertanto cercare sacrifici che, pur rendendoci capaci di padroneggiare le cose della terra, non mortifichino coloro che convivono con noi. Il cristiano non può essere né carnefice né meschino; è un uomo che sa amare con le opere, che saggia il suo amore con la pietra di paragone del dolore.

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