ESERCIZI DI VITA CRISTIANA IN TEMPO DI QUARESIMA

 



Penitenza

«è osservare esattamente l'orario che ti sei prefisso, anche se il corpo oppone resistenza o la mente chiede di evadere in sogni chimerici. Penitenza è alzarsi all'ora fissata. E anche non rimandare, senza giustificato motivo, quel­la certa cosa che ti riesce più difficile o più pesante delle altre. La penitenza è saper coniugare i tuoi doveri verso Dio, verso gli altri e verso te stesso, essendo esigente con te stesso per riu­scire a trovare il tempo che occorre per ogni cosa. Sei peniten­te quando segui amorosamente il tuo piano di orazione, anche se sei stanco, svogliato o freddo. «Penitenza è trattare sempre con la massima carità il prossi­mo, a cominciare dai tuoi cari. È prendersi cura con la massi­ma delicatezza di coloro che sono sofferenti, malati, afflitti. È rispondere pazientemente alle persone noiose e importune. E interrompere o modificare i nostri programmi quando le circo­stanze - gli interessi buoni e giusti degli altri, soprattutto - lo richiedono. «La penitenza consiste nel sopportare con buonumore le mil­le piccole contrarietà della giornata; nel non interrompere la tua occupazione anche se, in qualche momento, viene meno lo slan­cio con cui l'avevi incominciata; nel mangiare volentieri ciò che viene servito, senza importunare con capricci. «Penitenza, per i genitori e, in genere, per chi ha un compito di direzione o educativo, è correggere quando è necessario, se­condo il tipo di errore e le condizioni di chi deve essere aiutato, passando sopra ai soggettivismi sciocchi e sentimentali. (Josemaria Escrivá, Amici di Dio, par. 138)

       Dio vi chiama per servirlo nei compiti e attraverso i compiti civili, materiali, temporali della vita umana: in un la­boratorio, nella sala operatoria di un ospedale, in caserma, dal­la cattedra di un'università, in fabbrica, in officina, sui campi, nel focolare domestico e in tutto lo sconfinato panorama del la­voro, Dio ci aspetta ogni giorno» (Josemaria Escrivá, omelia: Amare il mondo appassionatamente.)

 

 Peccato e morte

Sono i frutti amari e inseparabili della ribellione dell'uomo al suo Signore. «Dio. non creò la mor­te.» (Sap 1, 13); essa è entrata nel mondo attraverso il peccato e ne è la triste «ricompensa» (Rm 6, 23 ). Creato da Dio per la vita, la gioia, la santità, l'uomo porta in sé un germe di vita eterna (GS 18); perciò non può non soffrire di fronte al peccato e alla morte che minacciano di impedirgli il conseguimento del suo fine e quindi la piena realizza­zione di sé. Tuttavia, l'invito della Chiesa a riflettere su queste dolorose realtà non mira a deprimere gli animi in una visione pessimistica della vita, ma piuttosto ad aprire i cuori al pentimento e alla speranza. Se la disobbedienza di Adamo ha introdotto nel mondo il peccato e la morte, l'obbedienza di Cristo ne ha portato il rimedio. La Qua­resima dispone i fedeli a celebrare il mistero pasquale che è appunto il mistero attraverso il quale Cristo salva l'uomo dal peccato e dalla morte eterna, mentre trasforma la morte corporale in passaggio alla vera vita, comunione beati­ficante e senza fine con Dio. Il peccato e la morte sono vinti da Cristo morto; e risorto e l'uomo sarà partecipe di tale vittoria quanto più lo sarà della morte e della risurrezione del Signore...

 

conversione

La Quaresima è il tempo opportuno per il nostro rinnovamento spirituale: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2 Co 6, 2), avverte S. Paolo, sta ad ogni fedele farne un momento decisivo per la storia della propria salvezza personale. «Vi supplichiamo-in nome - di Cristo: riconciliatevi con Dio», insiste l'Apostolo e incalza: «vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio» (ivi 5, 20; 6, 1).. Non soltanto chi è in peccato mortale ha bisogno di riconciliarsi col Signore; ogni mancanza di generosità, di fedeltà alla gra­zia impedisce l'amicizia intima con Dio, raffredda i rap­porti con lui, è un rifiuto al suo amore e perciò esige pentimento, conversione, riconciliazione. Gesù stesso, nel Vangelo (Mt 6, 1-6. 16-18), indica i grandi mezzi che devono sostenere lo sforzo della con­versione: l'elemosina, la preghiera, il digiuno; e insiste so­prattutto sulle disposizioni interiori che li rendono efficaci. L'elemosina «espia i peccati,» (Ecli 3, 30), ma quando è compiuta per piacere a Dio e per sollevare chi è nel bisogno, e non per essere lodati. La preghiera. unisce l'uomo a Dio e impetra la sua, grazia; ma quando sgorga dal santuario del cuore, e non quando è ridotta a vana ostentazione o a semplice muover di labbra. Il digiuno è sacrificio gradito a Dio e sconta le colpe, pur­ché la mortificazione del corpo sia accompagnata da quella più importante dell'amor proprio. Solo allora, conclude Gesù, «il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompen­serà» (Mt 6, 4. 6. 18), ossia perdonerà i peccati e conce­derà grazia sempre più abbondante.

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