Embrioni chimera 2

Sull'argomento relativo agli esperimenti su embrioni "ibridi" pubblichiamo un articolo di mons. Sgreccia apparso alcuni mesi fa sull'Osservatore Romano.



Un classico caso di «scienza inutile»

CYBRIDS: L’EMBRIONE IBRIDO

Agli inizi di settembre di quest’anno dall’Inghilterra è arrivata la notizia del via libera dell’Hfea, che è l’Autorità britannica per la fertilizzazione e l’embriologia, alla produzione dei cosiddetti «embrioni chimera» ottenuti con l’inserimento di Dna umano in ovociti animali a scopo di ricerca. Pertanto le equipe del King’s College di Londra e dell’Università di Newcastle potranno procedere con i loro studi su ibridi embrionali uomo-animale. Proponiamo al riguardo un recente commento del Card. Elio Sgreccia.



Probabilmente il turbine di annunci sensazionali e di polemiche che ha fatto irruzione nelle ultime giornate sulla stampa e nei media, sarà oggi placato e coperto da altri annunci, più o meno carichi di emozioni e preoccupazioni, così come avviene nei temporali di fine stagione quando, passata la bufera, si torna al lavoro scongiurando che non ci siano danni. Tuttavia, pensiamo che sia utile tornare un momento sull’annuncio della Fertilisation and Embriology Authority reso noto il 5 settembre, per precisare e capire meglio i fatti e spiegare in questo articolo le ragioni di chi ritiene che non si può approvare l’apertura oggi di un cammino di illeciti, per sperare in alcuni «attesi» vantaggi di domani. Anzitutto che cosa è stato autorizzato dalla Authority ? Questo Organismo è quello cui è stato conferito, dal Governo del Regno Unito, il compito di dare le regole per la fecondazione umana in vitro in Inghilterra dopo il famoso Warnock Report nel 1984 e da allora ha la responsabilità di sorveglianza su questa delicata materia. L’autorizzazione data il 5 settembre, dopo il consenso del nuovo Governo del Regno Unito, riguarda la ricerca biologica usando embrioni ibridi (animali-umani) con alcune condizioni: la presentazione di progetti di ricerca, purché vi sia un previo riconoscimento che una tale area di ricerca potrebbe essere permessa con prudenza. Non si capisce bene la genericità di questa condizione; sembra comunque che si voglia stabilire che l’autorizzazione non è già «luce verde», ma resta condizionata ad un progetto nel quale si dimostri l’utilità della sperimentazione e le cautele di controllo. Quindi, sia pure nel quadro di una autorizzazione, rimane come ultima condizione l’approvazione di precisi progetti che siano rispondenti al regolamento. Ma è ovvio che di autorizzazione si tratta e si tratta di autorizzare la creazione di ibridi uomo-animale, chiamati cybrids.

Ci sembra intanto più logico e preciso, rispetto alle notizie divulgate, parlare di ibridi piuttosto che di chimere. Gli ibridi sono il risultato di una fecondazione che deriva da due patrimoni genetici di due individui di specie diverse, come avviene quando in natura nasce un mulo dall’incontro tra l’asino e la cavalla; mentre la chimera è il risultato di una fusione o commistione di due embrioni già sviluppati di specie diverse. Nel nostro caso si tratta di fecondazione e di fecondazione artificiale, compiuta alla maniera di una clonazione, unendo insieme un ovulo di animale (pecora o bovino) con il nucleo di una cellula somatica dell’uomo: nell’uovo denucleizzato rimane il DNA mitocondriale, mentre tutto il resto dei geni proviene dal nucleo umano (il 99% del patrimonio genetico è umano); l’ovulo dell’animale fornisce inoltre il citoplasma che dovrebbe stimolare e far sviluppare il nucleo. Il risultato di questa unione non è esente da un significato di «interspecificità», anche se avviene in laboratorio: il patrimonio genetico proveniente dalla corporeità umana richiama la dignità umana e l’ovulo dell’animale richiama una sede somatica di una diversa specie. In definitiva si tratta di fecondazione artificiale interspecie fatta con la procedura della clonazione, ciò in discordanza anche con la stessa legge inglese sulla procreazione artificiale umana emanata a suo tempo dalla stessa Authority, che non prevedeva l’autorizzazione della fecondazione interspecie. L’utilizzazione dell’ovulo dell’animale è ritenuta necessaria anche perché questa procedura del tipo della clonazione ha una percentuale di successo molto bassa (5% circa) così che sarebbe difficile rivolgersi a migliaia di donne per il privilegio degli ovuli. Se già la fecondazione artificiale priva la procreazione umana della sua dignità per la mancanza del rapporto personale tra sposo e sposa; se la stessa clonazione umana, fatta con il patrimonio genetico di un solo genitore, è connotata da una ulteriore privazione di umanità e di dignità; con il superamento di questa ulteriore frontiera della creazione di ibridi per la clonazione, la disumanizzazione tocca le soglie della mostruosità e si attua quel piano inclinato che si verifica ogni volta che si abdica ad una esigenza fondamentale dell’etica stessa.

C’è da aggiungere inoltre, come si dice nello stesso rapporto dell’Authority, che questo procedimento è stato sperimentato già in diversi Paesi, utilizzando il nucleo della cellula fecondante dell’uomo e l’ovocita denucleizzato della mucca o del coniglio, senza che siano stati ottenuti successi soddisfacenti per gli sperimentatori. C’è stato un annuncio generico nel 1999 di formazione di embrioni ibridi umano-bovini attuata anni prima da parte di Robert P. Lanza, José C.V. Cibelli e Michael D. West della Compagnia Avanced Cell Technology (Massachussetts): l’operazione era riferita ad anni precedenti e non sembra sia stata coronata da successo; Y. Chen e collaboratori, in Cina nel 2003, avevano proceduto alla creazione di ibridi uomo-coniglio. K.H. Chang con i collaboratori della Seoul National University (Sud Corea) hanno riferito della creazione di embrioni uomo-mucca nel 2003; infine a Cipro, nel 2006, Panajiotis Zavos e collaboratori hanno creato embrioni umano-bovini. In tutti questi esperimenti si presentava la bassissima percentuale di successo nel momento della fecondazione e l’ancor più bassa percentuale di sviluppo fino allo stadio di blastocisti, così che il risultato globale venne ritenuto infruttuoso e venne mantenuto a livello di curiosità sperimentale. Ad abbassare il credito su ogni tipo di clonazione contribuì lo scandalo dei falsi risultati pubblicati dal Dr. Hwang Woo-Suk nella Corea del Sud. In conclusione, non si può capire perché l’Authority, nonostante questi insuccessi e discrediti, riproponga questa metodica come «necessaria e desiderata sia in termini scientifici che etici». Per quello che risulta, lo scopo scientifico sarebbe quello di ottenere embrioni ibridi da cui prelevare cellule staminali, che, per la loro qualità, sarebbero esenti da rigetto: come è noto le cellule staminali umane sono soggette a rigetto quando le si va a trasfondere nell’organo malato o anche sono capaci di sviluppare tumori; ora, si pensa che usando sempre cellule staminali embrionali (ES), ma provenienti da tessuti ibridi, questi inconvenienti non si verificherebbero. Ma abbiamo detto che l’ibridazione non ha avuto un successo apprezzabile e nella quasi totalità dei casi questi embrioni risultano in effetti semplicemente umani e raramente hanno tracce di DNA mitocondriale animale. Allora si potrebbe pensare che siano altri interessi a spingere su questa strada: la volontà di voler sperimentare senza remore né divieti sull’embrione ottenendo un consenso su questo caso perché esso permanga per tutti gli altri casi; oppure, interessi relativi all’utilizzazione di fondi per la ricerca già stanziati o ottenibili con la speranza di future utilità. Per quanto riguarda l’etica che i ricercatori dell’Authority prospettano, essa non potrebbe essere se non un’etica utilitarista per la quale sono state compiute due offese all’etica umana e razionale, basata sulla dignità dell’uomo: si è guardato al fine senza tener conto dei mezzi (creazione di embrioni e loro soppressione) ed è stato consumato un delitto certo, oggi, in vista di un ipotetico vantaggio di domani. Ci rimane l’auspicio che l’impegno degli scienziati voglia assumere, in questo campo delicato, un’etica basata sulla vera dignità dell’uomo, dignità presente anche nelle primissime fasi della sua vita. Infine è da ricordare, per chi ha a cuore la cura delle malattie degenerative, che c’è la strada aperta dell’uso delle cellule staminali adulte con serie speranze di esiti positivi.


(tratto da L’Osservatore Romano del 9 settembre 2007)

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