TOLLERANZA E INTOLLERANZA (I)
E’ in atto un pregiudiziale atteggiamento di contestazione e di rifiuto dei valori della religiosità, che sta suscitando stupore perfino in intellettuali notoriamente agnostici. In modo particolare, è sistematicamente destituita di valore e dichiarata immeritevole di attenzione ogni soluzione ai grandi problemi dell’uomo e della società proposta dal Magistero della Chiesa. Il presente articolo analizza questo fenomeno, particolarmente evidente nei dibattiti pubblici di natura etica.
Bernard-Henri Lévy è voce autorevole della cosiddetta nouvelle philosophie e direttore della rivista La règle du jeu. Difensore dei diritti umani e dei valori classici della civiltà europea, dissacratore della figura dell’intellettuale oracolare, sia Sartre o sia Aron, incarna bene il concetto di intellettuale contemporaneo che vuole muoversi tra la razionalità dell’analisi dei fatti e la sensibilità per i loro risvolti umani. In Italia sono note alcune sue posizioni controcorrente; ad esempio, quella contro la diffusa idolatria del dibattito televisivo, uno strumento che diventa inopportuno quando pareggia tutte le opinioni e rende equivalente, per lo spettatore sprovveduto, ogni tesi e ogni valore.
Lévy, che non è né cristiano né credente, si è recentemente levato contro «il cattivo profumo di regresso e di oscurantismo, di odio del pensiero e della vera scienza che aleggia sui processi istruiti, in questi ultimi tempi, contro la Chiesa che, da Pio XII a Benedetto XVI, è ritenuta colpevole di tutti i mali». E ha manifestato il disgusto che gli procura «la marea nera del nuovo anticattolicesimo» (B.-H. Levy, «Ebreo e agnostico ma contro il Codice sto con la Chiesa», in Corriere della sera, 24 maggio 2006).
Il saggista francese si riferisce agli ultimi episodi di cronaca cinematografica che, secondo non pochi osservatori, millantando la «scoperta» della vita «segreta» di Gesù e delle origini del cristianesimo, sono usati per colpire la credibilità della Chiesa e riaffermare nell’opinione pubblica la «verità» della laicità à la francaise. Ma quelli episodi sono il meno. L’accusa di oscurantismo rivolta alla Chiesa, in Italia e in Francia, ha come oggetto la dottrina stessa della Chiesa, specialmente quella morale: e sono attacchi sistematici che si ripercuotono direttamente nell’ambito della lotta politica.
Nel mondo cattolico, sentirsi tacciati di oscurantismo non fa male più di tanto. Si è abituati da tre secoli da questo genere di giudizi. Semmai disturba che l’accusa, spinta talvolta fino al dileggio, sia fatta in nome di un concetto stravolto di laicità. Prendiamo due tesi, l’uno filosofico-politico, l’altro scientifico. Sono di due illustri autori, professori universitari, l’uno a Torino, l’altro a Bologna.
Secondo Gian Enrico Rusconi, le antiche radici cristiane d’Italia e d’Europa sono diventate ragioni secolarizzate che hanno a loro volta maturato istituzioni laiche pienamente autonome e sovrane. Ne è derivato un conflitto tra le decisioni dei Governi ispirati all’autonomia laica e le «presunte sane dottrine naturali di antica tradizione» che non possono accettare come moralmente e legalmente giustificati i comportamenti da loro difformi. Ma proprio questo è la laicità. «Laicità è ammettere una disimmetria tra singole moralità private ed un’etica pubblica dotata di regole comuni rispettose dell’autonomia della sfera privata e morale. Insomma, la democrazia laica crea lo spazio pubblico entro cui tutti i cittadini, credenti e non credenti e diversamente credenti confrontano liberamente i loro argomenti, affermano le loro identità e vivono i loro stili morali di vita. Questi sono riconosciuti come diritti tramite procedure consensuali di decisione, senza che prevalgono in modo autoritario alcune credenze o alcuni convincimenti su altri» Bella dichiarazione di princìpi che non vediamo come possa andare d’accordo con l’affermazione che confonde la proposta della Chiesa sulle questioni di bioetica con la volontà di imporre i suoi criteri di giudizio a quei cittadini che hanno bisogno di «un protettorato morale speciale» (G. E. Rusconi, «Identità laica», in La Stampa, 22 maggio 2006). O con l’esortazione dello stesso autore che, pur disapprovando come calunniosa la storiella inventata da Dan Brown, sembra sostenere che l’onore della dottrina cattolica non meriti alcuna tutela e che i cattolici farebbero bene a unirsi allo scrittore americano per demolire la Chiesa (cfr A. Socci, «Temo più certi teologi che il Codice da Vinci», in Libero, 1º maggio 2006).
-CONTINUA-
(fonte: La Civilta Cattolica, 2006, III)
Lévy, che non è né cristiano né credente, si è recentemente levato contro «il cattivo profumo di regresso e di oscurantismo, di odio del pensiero e della vera scienza che aleggia sui processi istruiti, in questi ultimi tempi, contro la Chiesa che, da Pio XII a Benedetto XVI, è ritenuta colpevole di tutti i mali». E ha manifestato il disgusto che gli procura «la marea nera del nuovo anticattolicesimo» (B.-H. Levy, «Ebreo e agnostico ma contro il Codice sto con la Chiesa», in Corriere della sera, 24 maggio 2006).
Il saggista francese si riferisce agli ultimi episodi di cronaca cinematografica che, secondo non pochi osservatori, millantando la «scoperta» della vita «segreta» di Gesù e delle origini del cristianesimo, sono usati per colpire la credibilità della Chiesa e riaffermare nell’opinione pubblica la «verità» della laicità à la francaise. Ma quelli episodi sono il meno. L’accusa di oscurantismo rivolta alla Chiesa, in Italia e in Francia, ha come oggetto la dottrina stessa della Chiesa, specialmente quella morale: e sono attacchi sistematici che si ripercuotono direttamente nell’ambito della lotta politica.
Nel mondo cattolico, sentirsi tacciati di oscurantismo non fa male più di tanto. Si è abituati da tre secoli da questo genere di giudizi. Semmai disturba che l’accusa, spinta talvolta fino al dileggio, sia fatta in nome di un concetto stravolto di laicità. Prendiamo due tesi, l’uno filosofico-politico, l’altro scientifico. Sono di due illustri autori, professori universitari, l’uno a Torino, l’altro a Bologna.
Secondo Gian Enrico Rusconi, le antiche radici cristiane d’Italia e d’Europa sono diventate ragioni secolarizzate che hanno a loro volta maturato istituzioni laiche pienamente autonome e sovrane. Ne è derivato un conflitto tra le decisioni dei Governi ispirati all’autonomia laica e le «presunte sane dottrine naturali di antica tradizione» che non possono accettare come moralmente e legalmente giustificati i comportamenti da loro difformi. Ma proprio questo è la laicità. «Laicità è ammettere una disimmetria tra singole moralità private ed un’etica pubblica dotata di regole comuni rispettose dell’autonomia della sfera privata e morale. Insomma, la democrazia laica crea lo spazio pubblico entro cui tutti i cittadini, credenti e non credenti e diversamente credenti confrontano liberamente i loro argomenti, affermano le loro identità e vivono i loro stili morali di vita. Questi sono riconosciuti come diritti tramite procedure consensuali di decisione, senza che prevalgono in modo autoritario alcune credenze o alcuni convincimenti su altri» Bella dichiarazione di princìpi che non vediamo come possa andare d’accordo con l’affermazione che confonde la proposta della Chiesa sulle questioni di bioetica con la volontà di imporre i suoi criteri di giudizio a quei cittadini che hanno bisogno di «un protettorato morale speciale» (G. E. Rusconi, «Identità laica», in La Stampa, 22 maggio 2006). O con l’esortazione dello stesso autore che, pur disapprovando come calunniosa la storiella inventata da Dan Brown, sembra sostenere che l’onore della dottrina cattolica non meriti alcuna tutela e che i cattolici farebbero bene a unirsi allo scrittore americano per demolire la Chiesa (cfr A. Socci, «Temo più certi teologi che il Codice da Vinci», in Libero, 1º maggio 2006).
-CONTINUA-
(fonte: La Civilta Cattolica, 2006, III)
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