Embrioni chimera 1

Si riporta di seguito un articolo a commento della recente notizia secondo al quale il Parlamento inglese ha approvato la possibilità di fare esperimenti su embrioni ibridi, ottenuti con l’inserimento di Dna umano in ovociti animali a scopo di ricerca. L'articolista intervista a proposito il noto ricercatore italiano professor Vescovi.

«Gli ibridi? Per la ricerca sono inutili»

di Viviana Daloiso, Avvenire 21 maggio 2008

La creazione di embrioni ibridi soddisfa interessi diversi da quelli terapeutici, sostiene il genetista Vescovi
La notizia dell’approvazione di Londra alla creazione e manipolazione di embrioni ibridi ha raggiunto Angelo Vescovi, genetista e direttore dell’Istituto cellule staminali adulte di Terni, mentre si trovava in California, dove in questi giorni ha tenuto una serie di lezioni universitarie sul tema della cura del cancro attraverso le cellule staminali adulte. Tutt’altro
fronte della ricerca scientifica, rispetto a quello britannico.

Professore, mettiamo per un attimo da parte l’orrore “etico” innanzi alla decisione presa dal Parlamento britannico e ragioniamo in termini pratici. Quali sono gli «enormi benefici» che la ricerca sugli ibridi uomo-animale dovrebbe portare alla scienza e alla medicina del futuro?
Credo che il punto di tutta la questione sia proprio questo: la ricerca sugli ibridi non offre alcun beneficio. Se di beneficio terapeutico stiamo parlando, ovviamente, cioè di reali e concreti benefici per i pazienti. Prendiamo in esame le dichiarazioni che più spesso abbiamo sentito, nelle ultime settimane, in merito alla questione degli ibridi: più volte si è detto che questi embrioni rappresentano la soluzione per malattie neurodegenerative come il Parkinson, l’Alzheimer. Dal punto di vista scientifico, a scatenare queste malattie sono problemi a livello di respirazione mitocondriale e di funzionamento integrato tra nucleo cellulare e Dna mitocondriale: bastano, cioè, piccole disfunzioni nella relazione tramitocondrio e nucleo per esitare questo tipo di patologie. Ora, creare cellule in cui il nucleo è umano e il mitocondrio bovino (gli ibridi) significa innescare a priori quel problema: come si relazioneranno elementi così diversi? Cosa succederà in quella cellula e in quell’embrione? Non lo possiamo sapere. Immaginarsi come potremo mai curare malattie neurodegenerative con le stesse cellule!

Sorge spontaneo, a questo punto, domandarle perché allora la Gran Bretagna si dimostri così ostinata su questa linea.
Semplicemente, per altri interessi. Primo fra tutti quello nel campo della ricerca e sperimentazione farmacologica, che notoriamente attira l’attenzione di numerosi fondi e investimenti da parte delle multinazionali. Devo però dire che anche su questo punto rimango molto perplesso e proprio per i motivi che ho spiegato poc’anzi. Non si capisce come la sperimentazione di determinati farmaci possa essere avvalorata se condotta su cellule ibride piuttosto che umane: i risultati non possono essere attendibili. Basti pensare che determinate sostanze hanno un effetto sulla razza caucasica e un altro sulle popolazioni dell’Indocina, e proprio per delle differenze genetiche tra le diverse razze ed etnie. È un azzardo, se non una follia, pensare che ciò che agisce su una cellula umano-bovina malata possa avere lo stesso effetto su una umana.

Lei è reduce da un viaggio negli Usa, patria altrettanto “liberale” nel campo della ricerca scientifica. Che idea si sono fatti i suoi colleghi americani del passo di Londra? Crede che lo imiteranno?
Attualmente le attenzioni della comunità scientifica americana e, oserei dire, della grossa parte di quella internazionale, sono puntate su un’altra frontiera: quella della riprogrammazione cellulare, inaugurata dalle scoperte dello scorso novembre di Yamanaka e Thompson. Le motivazioni sono proprio quelle che abbiamo visto non sussistere nel campo della ricerca sugli ibridi: la strada della riprogrammazione promette enormi benefici in campo terapeutico e farmaceutico – permettendo di ottenere cellule equiparabili allo stato di pluripotenza embrionale – col grande vantaggio di non comportare sacrifici dal punto di vista etico. Indubbiamente una grande conquista per la scienza.

C’è però il rischio che la decisione di Londra inneschi una serie di esperimenti indiscriminati, soprattutto nei Paesi caratterizzati da una deregulation in campo scientifico?
Senz’altro. Questo è il timore più grande, il grande rischio che ci preoccupa tutti e a cui da oggi siamo esposti.


Fonte: Documentazione.Info

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