COME RICONOSCERE IL DONO DI DIO!


Qualcuno mi ha chiesto: come faccio a riconoscere il dono di Dio?

Questa mattina, 22 aprile, ho ascoltato una meditazione sul Vangelo, in cui si parlava dei doni che Dio ci invia, si faceva l’esempio di un castello con tante stanze, segnate con il nome di ciascuno di noi.

In ogni stanza ci sono dei pacchi, alcuni aperti, altri chiusi. Il nostro inferno sarà il rammarico di non aver aperto tutti i pacchi e non aver accolto i doni che Dio ci ha inviato.
Il matrimonio è un dono, il marito o la moglie, sono doni, i figli, i parenti, gli amici, sono doni.
Li hai aperti?
Alle volte riceviamo un regalo, per un po’ interessa, ma poi ci stanchiamo e lo mettiamo da parte.
Quante volte desideriamo cose, che poi non utilizziamo, perché ci vien voglia di altro?
Ci può capitare con cose preziose, come quelle sopra elencate, o come il nostro lavoro, le relazioni di amicizia, i nostri talenti, che sono doni perché gratuiti, ricevuti senza nostro merito e di valore incalcolabile.
Ma può capitare che non li apprezziamo più, di stancarci, di volere altro. E cosi con la vita.
Raramente ci capita di pensare che noi siamo frutto dell’amore di Dio, nella Creazione e nella Redenzione.
Se noi fossimo più coscienti, abitualmente consapevoli di quest’amore, più facilmente percepiremmo che “le cose della vita, gli affetti, i legami, le circostanze concrete del nostro vivere quotidiano”, sono doni, di cui ringraziare e godere. Anche le cose meno belle.
Ti trascrivo alcune parole che possono aiutarti a comprendere quanto scritto:

(24 marzo 1941)
(…) questo è un punto di arrivo: essere davvero, intimamente felice, accettare e gustare il mondo di Dio senza allontanarmi dal tanto dolore che c'è.
È un tale misero ammasso, l'umanità, come la si può vedere ai nostri giorni.
Così poco realmente radiosa, così poco felice di vivere. Piena, piuttosto, di complessi, afflizioni, gelosie, matrimoni infelici e figli falliti ecc. ecc.
Però, anche se sei in un sottotetto e mangi pane secco, la vita merita di essere vissuta.
E, benché quest'epoca la renda troppo difficile e non ci permetta di vivere, non dovremmo prenderla in senso tragico né mandare tutto a quel paese con tristezza. Anche questo ci appartiene da vicino, e che la sorte colpisca un'altra persona oppure me, non lo si può scegliere, ma non ci si deve prendere troppo sul serio nemmeno in questo caso.
E adesso, i rami di castagno stanno qui sul tavolino bianco.
Dai più neri, nudi rami sboccerà la vita più tenera e radiosa. (…) c'è così tanto, la vita è ricca, anche se dev'essere conquistata minuto per minuto, e adesso al lavoro, sta' in pace e intanto non dimenticare Dio. (Etty Hillesum, Diario, ebrea morta in un campo di concentramento)

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