QUARESIMA, CENERI, DIGIUNO, COSA SONO ?

 



                                                                             QUARESIMA

Semplificazione di quadragesima (dies): il « quarantesimo » (giorno) prima di Pasqua. La Quaresima è il tempo di preparazione alla celebrazione annuale del mistero pas quale: è segnata dalla penitenza e dall'invito al­la conversione. Dura quaranta giorni: Mosè ed Elia si erano preparati quaranta giorni a incontrare Yahvè (Es 24,18; Re 19,8); Gesù stesso ha lottato quaranta giorni con Satana (Mt 4,2). Il mercoledì delle Ceneri e il Venerdì santo sono giorni di digiuno ec­clesiastico: vi sono tenuti i fedeli dai 18 anni compiuti ai 60 incomincia­ti. Gli altri giorni ciascuno offre a Dio, con l'ispirazione dello Spirito Santo, le privazioni che si impone. I paramenti della Quaresima sono viola, eccettuata la domenica Lae­tare (IV) in cui possono essere rosacei. Si rinuncia alla decorazione flo­reale dell'altare e della Chiesa, e il suono degli strumenti è permesso sol­tanto per sostenere i canti. Oltre a queste pratiche tradizionali di peni­tenza liturgica, o in loro vece, possono essere proposti altri segni per l'invito alla conversione.

CENERI

Nella tradizione biblica, come nella maggior parte delle antiche religio­ni, la cenere è il simbolo dell'insignificanza umana. L'esistenza dell'uo­mo è precaria: qualunque sia la sua grandezza effimera reale o appa­rente egli è presto ridotto alla esiguità della polvere o della cenere. Nella sua contrattazione con Yahvè, a proposito della distruzione di So­doma e Gomorra, Abramo si cautela riconoscendo la sua nullità di fronte a Dio: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere» (Gn 18,27). Di fronte a Dio l'uomo non è solo fragile e inconsistente: è anche e so­prattutto peccatore, cioè ribelle alla volontà amorosa del suo Creatore. La liturgia del mercoledì delle Ceneri* ricorda concretamente ai fede­li la loro condizione di creature peccatrici; imponendo loro le ceneri, si dice: «Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai ». Non si chie­de loro di avvolgersi nella cenere (Ger 6,26) o di sedersi sulla cenere (Gb 42,6; Gio 3,6; Mt 11,21), ma di accettare, in spirito di penitenza e in segno* di conversione, di avere il capo simbolicamente ricoperto di cenere (Gdt 4,11-15; 9,1; Ez 27,30). Si usa imporre le ceneri sulla fronte. Le ceneri, tradizionalmente, sono ottenute dalla combustione dell'ulivo benedetto.

 

DIGIUNO

Dal latino jejunium: «privazione volontaria di cibo». L'astensione to­tale o parziale dal cibo, per motivi religiosi o diversi, è universalmente praticata nella storia umana. Digiunando, l'uomo riconosce la sua di­pendenza nei confronti di Dio, poiché senza il cibo che riceve da lui, egli sperimenta la precarietà delle sue forze: il digiuno «umilia la sua anima » davanti a Dio (cf Sal 34,13; 68,11; Dt 8,3). Digiunare significa mostrare a Dio, quando si ha una richiesta importante da presentargli, che nulla siamo senza di lui (cf Gdc 20,26; 2 Sam 12,16.22; Esd 8,21; Est 4,16); significa soprattutto riconoscersi peccatori e implorare, at­traverso il riconoscimento pratico del proprio nulla, il perdono divino (1 Re 21,27; Dn 9,3).

 Il digiuno corporale ha significato soltanto se è accompagnato dal digiuno 

o dall'astensione dal peccato (cf Is 58,1-12); diversamente non è che pura ostentazione (Mt 5,16-18). Il Vangelo attesta che Gesù sa servirsi del digiuno come preparazione all'incontro divino o ad ogni grande opera fatta con Dio: come Mosè ed Elia, egli digiuna quaranta giorni e quaranta notti nel deserto (Mt 4,1; cf Es 24,18; 34,28; 1 Re 19,8), prima di promulgare, nel discorso della Montagna, la nuova Legge,

Il digiuno ecclesiastico del mercoledì delle Ceneri e del Venerdì santo esprime la volontà di riparare il peccato e di rinunciarvi; esso è anche e soprattutto una preparazione all'incontro della Pasqua. Il digiuno eucaristico, limitato a un'ora prima della comunione è essenzialmente una preparazione a ricevere Cristo stes­so, nel sacramento che attualizza il suo capolavoro d'Amore; è un atto di rispetto.

 

PAROLE DI SAN JOSEMARÍA 

“«Penitenza» «è osservare esattamente l'orario che ti sei prefisso, anche se il corpo oppone resistenza o la mente chiede di evadere in sogni chimerici. Penitenza è alzarsi all'ora fissata. E anche non rimandare, senza giustificato motivo, quel­la certa cosa che ti riesce più difficile o più pesante delle altre. La penitenza è saper coniugare i tuoi doveri verso Dio, verso gli altri e verso te stesso, essendo esigente con te stesso per riu­scire a trovare il tempo che occorre per ogni cosa. Sei peniten­te quando segui amorosamente il tuo piano di orazione, anche se sei stanco, svogliato o freddo. «Penitenza è trattare sempre con la massima carità il prossi­mo, a cominciare dai tuoi cari. È prendersi cura con la massi­ma delicatezza di coloro che sono sofferenti, malati, afflitti. È rispondere pazientemente alle persone noiose e importune. E interrompere o modificare i nostri programmi quando le circo­stanze gli interessi buoni e giusti degli altri, soprattutto lo richiedono. «La penitenza consiste nel sopportare con buonumore le mil­le piccole contrarietà della giornata; nel non interrompere la tua occupazione anche se, in qualche momento, viene meno lo slan­cio con cui l'avevi incominciata; nel mangiare volentieri ciò che viene servito, senza importunare con capricci. «Penitenza, per i genitori e, in genere, per chi ha un compito di direzione o educativo, è correggere quando è necessario, se­condo il tipo di errore e le condizioni di chi deve essere aiutato, passando sopra ai soggettivismi sciocchi e sentimentali. (JOSEMARIA ESCRIVA, Amici di Dio,par. 138)

       Dio vi chiama per servirlo nei compiti attraverso i compiti civili, materiali, temporali della vita umana: in un la­boratorio, nella sala operatoria di un ospedale, in caserma, dal­la cattedra di un'università, in fabbrica, in officina, sui campi, nel focolare domestico e in tutto lo sconfinato panorama del la­voro, Dio ci aspetta ogni giorno» (JOSEMARIA ESCRIVA,omelia: Amare il mondo appassionatamente.)

 

 

peccato e morte


Peccato e morte sono i frutti amari e inseparabili della ribellione dell'uomo al suo Signore. « Dio . non creò la mote.» (Sp 1, 13); «essa è entrata nel mondo attraverso il pec­cato é ne è la triste ricompensa -» Rm 6, 23 ). Creato da Dio per la vita, la gioia, la santità, l'uomo porta' in sé un germe di vita eterna (GS 18); perciò non può non soffrire di fronte al peccato é alla morte che minacciano di impedirgli il conseguimento del suo fine e quindi la piena realizza­zione di sé. Tuttavia l'invito della Chiesa a riflettere su queste dolorose realtà non mira a deprimere_gli animi in una visione pessimistica della vita, ma piuttosto ad aprire i cuori al pentimento e alla speranza. Se la disobbedienza di Adamo ha introdotto nel mondo il peccato e la morte, l'obbedienza di Cristo ne ha portato il rimedio. La Qua­resima dispone i fedeli a celebrare il mistero pasquale che è appunto il mistero attraverso il quale Cristo salva l'uomo dal peccato e dalla morte eterna, mentre trasforma la morte corporale in passaggio alla vera vita, comunione beati­ficante e senza fine con Dio. Il peccato e la morte sono vinti da Cristo morto; e risorto e l'uomo sarà partecipe di tale vittoria quanto più lo sarà della morte e della risurrezione del Signore...

 


conversione

La Quaresima è il tempo opportuno per il nostro rinnovamento spirituale: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2 Co 6, 2), avverte S. Paolo, sta ad ogni fedele farne un momento decisivo per la storia della propria salvezza personale. «Vi supplichiamo-in nome - di Cristo: riconciliatevi con Dio», insiste l'Apostolo e incalza: «vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio » (ivi 5, 20; 6, 1).. Non soltanto chi è in peccato mortale ha bisogno di riconciliarsi col Signore; ogni mancanza di generosità, di fedeltà alla gra­zia impedisce l'amicizia intima con Dio, raffredda i rap­porti con lui, è un rifiuto al suo amore e perciò esige pentimento, conversione, riconciliazione. Gesù stesso, nel Vangelo (Mt 6, 1-616-18), indica i grandi mezzi che devono sostenere lo sforzo della con­versione: l'elemosina, la preghiera, il digiuno; e insiste so­prattutto sulle disposizioni interiori che li rendono efficaci. L'elemosina «espia i peccati,» (Ecli 3, 30), ma quando è compiuta per piacere a Dio e per sollevare chi è nel bisogno, e non per essere lodati. La preghieraunisce l'uomo a Dio e impetra la sua, grazia; ma quando sgorga dal santuario del cuore, e non quando è ridotta a vana ostentazione o a semplice muover di labbra. Il digiuno è sacrificio gradito a Dio e sconta le colpe, pur­ché la mortificazione del corpo sia accompagnata da quella più importante dell'amor proprio. Solo allora, conclude Gesù, «il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompen­serà» (Mt 6, 4. 6. 18), ossia perdonerà i peccati e conce­derà grazia sempre più abbondante.

 

∎ Tu ami tutte le creature, o Signore, e non disprezzi nulla di ciò che tu hai fatto; tu dimentichi i peccati di quanti si convertono e li perdoni, perché tu sei il Signore nostro Dio (Introito alla Messa del mercoledì delle Ceneri).


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