MARTEDÍ DELLA PRIMA SETTIMANA DI QUARESIMA. COMMENTO AL VANGELO.
Commento a Matteo 6, 7-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. .....
La preghiera può essere un'occasione di sfogo filiale, un momento in cui aprire il cuore. Pregare incessantemente. Essere sempre connesso. Non capisco chi tiene la tv sempre accesa e non la segue. Tenere il cellulare acceso è indispensabile. Si può parlare sempre o vedere e seguire la TV sempre. Senza cessare, senza interrompere.
Perché non posso fare lo stesso con Dio nella preghiera? So che Dio mi può ascoltare e parlare sempre. Io no, ma posso non interrompere la "comunicazione".
Ho imparato come sacerdote, ma vale per tutti, che prima della Messa e subito dopo a non parlare. Pochi minuti, non succede niente, se sto raccolto, rimango connesso, mi è più facile "pregare". Posso avere sempre coscienza che sto alla presenza di Dio.
C'è chi sostiene che viene prima "l'essere" e poi l'azione. E c’è chi vede le cose diversamente, è nell'atto che si manifesta l'essere. Io penso che il nulla non produca "azione". L'atto deriva sempre da qualcosa o qualcuno. C'è prima un soggetto. La preghiera è frutto di un dialogo tra due soggetti. Io esisto prima di parlare e credo che Dio sia sempre presente. Incessantemente, sempre, senza parole...
Non sprecate parole, non dice "siate brevi". Non dice "usate poche parole", ma "non sprecate parole". Cioè usare quelle giuste, che possono essere poche o molte. Che non servono necessariamente "molte parole", ma quelle necessarie. Quello che serve è trovare le parole opportune, non nel semplice e istintivo "parlare". Nella calunnia o nella falsa testimonianza, più si parla e meglio è. Se voglio confondere la realtà, più parlo e meglio è. Posso calunniare anche con poche parole, ma la menzogna è "faconda". La diceria, lo sparlare, il "malignare", richiedono "uno spreco" di parole.
Non sprecare, andare al dunque, aprire il cuore, non girarci intorno, dire quello che ci sembra buono e giusto, dire il nostro dolore, spigare la sofferenza, i dubbi o ciò che veramente desideriamo. Poche .... tante parole ...? quelle necessarie.
Se la nostra preghiera è "monologo", sarà lungo perché continueremo a "girare" intorno a noi, perché in fondo non sappiamo cosa dire e vogliamo nascondere qualcosa, confondere noi stessi ripetendo le stesse cose.
Parole che non escono dal cuore, non sono oneste, sincere. Senza un interlocutore.
Pregare è parlare con la fiducia che il Padre ci ascolta e sa di cosa abbiamo bisogno. Abbandono.
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