ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE. INTRODUZIONE STORICA,
Quando è nata e come si è diffusa questa bellissima festa?
BREVE SINTESI STORICA
È una delle 12 grandi feste dell’anno liturgico, ha un giorno di vigilia e si conclude il 21 settembre. La data del 14 settembre è comune all’Oriente e all’Occidente dove il papa orientale Sergio I (687-701) ne ordinò la festa.
La festa dell’Esaltazione riassume e richiama alcuni eventi storici legati al santo Legno, principalmente la scoperta della Vera Croce. Una tradizione formatasi abbastanza presto riferisce che sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, aveva ritrovato a Gerusalemme, presso il Golgota, le tre croci usate per Gesù Cristo e i due ladroni; una guarigione miracolosa, avvenuta al contatto con una d’esse, permise il riconoscimento della croce del Salvatore e di mostrarla alla venerazione del popolo. Appena la notizia della scoperta si diffuse nella Città Santa, una vasta folla si radunò per venerare la Croce del Signore. Il Patriarca di Gerusalemme, san Macarios, la portò su di un pulpito: e quando il popolo la vide innalzata verso l’alto, tutti assieme gridarono, decine di volte “Kyrie eleison”, un evento questo ricordato nel servizio di oggi, con la frequente ripetizione dei “Kyrie eleison” alla cerimonia dell’Esaltazione. Da allora una parte del sacro legno venne conservata nella basilica dell’Anàstasis (detta Santo Sepolcro dai latini), altre parti del sacro legno furono portate a Roma dalla stessa sant’Elena, che le custodì nella cappella della sua abitazione romana, divenuta il monastero di Santa Croce in Gerusalemme.
Si commemora anche la seconda grande Esaltazione della Croce, a Costantinopoli nel 629. Il 4 maggio 614, durante il saccheggio di Gerusalemme, la Vera Croce era caduta nelle mani dei Persiani. Nel 628 l’imperatore Eraclio, sconfiggendo il re Persiano Cosroe, recuperò la preziosa reliquia. Lieto della vittoria, Eraclio a cavallo, vestito della porpora e con il diadema, volle riportare il santo Legno della Salvezza attraverso la porta principale di Gerusalemme. Ma il cavallo si fermò ed il patriarca Zaccaria, che era stato liberato dalla prigionia persiana, fece presente, all’imperatore che il Figlio di Dio non aveva portato in forma solenne la Croce per le vie di Gerusalemme. Eraclio, commosso, a piedi e scalzi, dopo aver deposto la porpora ed il diadema, portò sulle sue spalle il legno benedetto sino al Golgota. Perciò, a ricordo del primo e del secondo avvenimento, si cantano stichiri gioiosi e commoventi: “Oggi si esalta la Croce ed il mondo si santifica, giacché Tu che siedi sul trono con il Padre e il Santo Spirito, stendesti le Tue mani su di essa e tutto il mondo fu portato a conoscerti. Tu rendi degni dell’eterna gloria coloro che in Te sperano”. “Ora giunge la Croce del Signore, ed i fedeli l’accolgono con amore e da essa ricevono la guarigione da tutte le malattie dell’anima e del corpo. Baciamola con gioia e timore; con timore, a causa dei nostri peccati, poiché siamo indegni; con gioia, per la salvezza che concede al mondo il Cristo che vi fu crocifisso, pieno di misericordia per noi”. Quindi Eraclio, temendo che la santa Croce non fosse più al sicuro a Gerusalemme la trasferì con sé nella capitale, Costantinopoli, dove fu trionfalmente esaltata nella Grande Chiesa di Agia Sofia. Da allora si celebra «la croce come strumento di salvezza e di vittoria sui nemici della Chiesa e dei cristiani»[1].
Infine, i servizi liturgici per il giorno hanno anche costanti riferimenti alla visione della Croce vista dall’imperatore Costantino nell’anno 312, poco prima della vittoria su Massenzio, e ci sono allusioni ad un evento che è più specificatamente commemorato il 13 settembre: la Dedicazione della Chiesa della Anastasis, costruita da Costantino su luogo del Santo Sepolcro e completata nel 335.
Nei riti liturgici del Venerdì Santo la Chiesa guarda alla Crocifissione nel suo contesto originale, come un evento nella prima Santa Settimana a Gerusalemme. Nella festa dell’Esaltazione, per contrasto, la Croce è contemplata anche per i suoi effetti sulla storia seguente della Chiesa. Nel Venerdì Santo la nota predominante – anche se mai esclusiva – è di dolore e di pianto; il 14 settembre la Croce è commemorata in uno spirito di trionfo, come “arma di pace e inconquistabile insegna di vittoria” (Kontakion della festa). Per il diretto richiamo alla passione del Salvatore, in Oriente, la festa, anche se cade in domenica, è caratterizzata dal digiuno. Il digiuno è anche legato agli eventi del VII secolo, da cui trae l’origine storica. Nel titolo della festa, l’Esaltazione è definita “universale”. Questo è un elemento essenziale nel significato della ricorrenza: il potere della Croce si estende in ogni parte dell’universo, e la salvezza che porta abbraccia l’intera creazione. Ecco perché, nella cerimonia dell’Esaltazione, il sacerdote si volge per benedire verso ogni punto cardinale: “I quattro angoli della terra, o Cristo nostro Dio, sono oggi santificati” (Tropario alla cerimonia dell’Esaltazione)[2].
Al termine della grande Dossologia, mentre il coro canta il trisaghion, il vescovo, indossati gli abiti pontificali, porta la Croce, adorna di fiori, fuori sull’Altare, tenendola sulla testa e la pone su un leggio posto sull’ambone. Prima di deporla, tenendola sempre sulla testa, si china con essa, quasi per indicare il peso delle persecuzioni, e poi si solleva a ricordo della vittoria del Cristianesimo, mentre il coro canta lentamente “Signore pietà”, abbassando il tono mentre il vescovo si china, alzandolo quando si solleva. Così come avvenne, dopo l’invenzione della Croce, quando il patriarca Macario sollevò il Santo Legno perché tutti lo vedessero, ma, a causa della debolezza delle sue braccia, era costretto ad abbassarlo. Ed anche allora il popolo invocava: “Kyrie, Eleison”[3].
[1] G. Garib, Croce e presenza mariana nella liturgia bizantina, p. 188, in La sapienza della Croce, Atti dell’omonimo congresso, Roma 1977, vol. III.
[2] A. N. Muravjoj, da “Pisma o bogosluzenii”, p.175-177. Traduzione Italiana sul numero 8 del “Bollettino della Chiesa russa in Roma”, sett-ott 1972.
[3] M. Mary e P. Kallistos Ware, The festal Menaion, London.
Commenti