Breve Corso di Storia della Chiesa
I E II SECOLO NELLA STORIA DELLA CHIESA (3, continua)
L’organizzazione ecclesiastica a Roma
Dopo il martirio di Pietro fu eletto prima Lino poi Cleto e infine Clemente. Sotto il papato di quest’ultimo accaddero eventi importanti. Nella Chiesa di Corinto c’erano stati incidenti: alcuni fedeli avevano deposto due presbiteri e papa Clemente assunse l’iniziativa di scrivere una Lettera a quella comunità. Il fatto in qualche modo prefigura un primato della sede di Roma sulle altre, in forza della trasmissione del compito di Pietro, il munus Petrinum, ai suoi successori, i vescovi di Roma. C’è un accenno all’invidia come causa della persecuzione di Nerone che, come è noto, fu scatenata contro i cristiani e non contro gli ebrei che, al contrario, godevano la protezione di Sabina Poppea, moglie di Nerone. Con tutta probabilità la persecuzione nacque dal risentimento di qualche ebreo influente nei confronti dei cristiani. Verso la fine del I secolo un proselitismo qualificato aveva raggiunto personaggi di primo piano come il cugino dell’imperatore Domiziano, Flavio Clemente, console designato per l’anno 96, e la moglie Domitilla, colei che forse donò l’area per le catacombe che portano il suo nome. Flavio Clemente fu decapitato e la moglie Domitilla fu esiliata in un’isola del Tirreno. Morì martire anche un senatore illustre, Acilio Glabrione.
Lettera di Plinio a Traiano
Verso il 113 il letteratissimo Plinio il Giovane scrisse all’imperatore Traiano una lettera per avere istruzioni circa i cristiani. In particolare chiedeva se essi dovevano essere perseguiti d’ufficio anche su denuncia anonima. Il rescritto di Traiano è un capolavoro di ambiguità politica, perché, dopo aver saputo dal suo zelante governatore che i cristiani sono innocui, che si riuniscono il primo giorno della settimana cantando inni a Cristo come a un Dio, e dopo aver preso un pasto con cibi comuni, ritornano nelle loro case, ritiene che Plinio si debba comportare seguendo tre norme: i cristiani non vanno ricercati in quanto tali; se c’è la denuncia scritta di due testimoni, i presunti cristiani devono esser convocati dal governatore e subito congedati se negano di essere cristiani e accettano di sacrificare davanti ai simulacri degli dèi; ma se affermano di essere cristiani e rifiutano l’abiura si deve procedere nei loro confronti col rigore delle leggi vigenti, ossia secondo il principio per cui “i cristiani non devono esistere”.
Gli apologeti
Le persecuzioni, tranne l’ultima, non furono mai generali in tutto l’impero. Sorgevano qua e là per iniziativa di qualche governatore zelante o come espressione di vendette. Ci furono anche apostati, ma come è naturale, i cristiani non amavano ricordarli, mentre celebravano e diffondevano gli Atti dei martiri, ossia i verbali degli interrogatori con le risposte dei confessori della fede, chiesti e ottenuti dai tribunali pagandone la trascrizione. Quando seguiva la condanna a morte dei martiri, la Chiesa locale redigeva il racconto del supplizio affrontato eroicamente. Tale racconti o Passiones circolavano in tutte le Chiese vicine e il nome dei martiri era aggiunto ai calendari liturgici. La persecuzione e i martiri, tuttavia, rappresentavano una grave crisi dell’organizzazione cristiana e perciò si ritenne opportuno promuovere una letteratura che facesse conoscere la realtà circa i cristiani e la loro dottrina. Nel II secolo la letteratura cristiana registra alcune Apologie che hanno il compito di confutare le calunnie più volgari, diffuse a livello popolare, tentando di accreditare il cristianesimo come filosofia, ovvero forma di vita razionale che occorreva tollerare perché non recava alcun danno allo Stato. Notissima è l’Apologia di Giustino, più tardi martire, diretta all’imperatore Antonino Pio e l’ancor più famoso Apologeticum di Tertulliano, un africano irruente, fornito di ottima preparazione giuridica che con stile trascinante, a volte perfino ironico, bolla come insensata la campagna di opinione pubblica ostile ai cristiani.
(segue)
L’organizzazione ecclesiastica a Roma
Dopo il martirio di Pietro fu eletto prima Lino poi Cleto e infine Clemente. Sotto il papato di quest’ultimo accaddero eventi importanti. Nella Chiesa di Corinto c’erano stati incidenti: alcuni fedeli avevano deposto due presbiteri e papa Clemente assunse l’iniziativa di scrivere una Lettera a quella comunità. Il fatto in qualche modo prefigura un primato della sede di Roma sulle altre, in forza della trasmissione del compito di Pietro, il munus Petrinum, ai suoi successori, i vescovi di Roma. C’è un accenno all’invidia come causa della persecuzione di Nerone che, come è noto, fu scatenata contro i cristiani e non contro gli ebrei che, al contrario, godevano la protezione di Sabina Poppea, moglie di Nerone. Con tutta probabilità la persecuzione nacque dal risentimento di qualche ebreo influente nei confronti dei cristiani. Verso la fine del I secolo un proselitismo qualificato aveva raggiunto personaggi di primo piano come il cugino dell’imperatore Domiziano, Flavio Clemente, console designato per l’anno 96, e la moglie Domitilla, colei che forse donò l’area per le catacombe che portano il suo nome. Flavio Clemente fu decapitato e la moglie Domitilla fu esiliata in un’isola del Tirreno. Morì martire anche un senatore illustre, Acilio Glabrione.
Lettera di Plinio a Traiano
Verso il 113 il letteratissimo Plinio il Giovane scrisse all’imperatore Traiano una lettera per avere istruzioni circa i cristiani. In particolare chiedeva se essi dovevano essere perseguiti d’ufficio anche su denuncia anonima. Il rescritto di Traiano è un capolavoro di ambiguità politica, perché, dopo aver saputo dal suo zelante governatore che i cristiani sono innocui, che si riuniscono il primo giorno della settimana cantando inni a Cristo come a un Dio, e dopo aver preso un pasto con cibi comuni, ritornano nelle loro case, ritiene che Plinio si debba comportare seguendo tre norme: i cristiani non vanno ricercati in quanto tali; se c’è la denuncia scritta di due testimoni, i presunti cristiani devono esser convocati dal governatore e subito congedati se negano di essere cristiani e accettano di sacrificare davanti ai simulacri degli dèi; ma se affermano di essere cristiani e rifiutano l’abiura si deve procedere nei loro confronti col rigore delle leggi vigenti, ossia secondo il principio per cui “i cristiani non devono esistere”.
Gli apologeti
Le persecuzioni, tranne l’ultima, non furono mai generali in tutto l’impero. Sorgevano qua e là per iniziativa di qualche governatore zelante o come espressione di vendette. Ci furono anche apostati, ma come è naturale, i cristiani non amavano ricordarli, mentre celebravano e diffondevano gli Atti dei martiri, ossia i verbali degli interrogatori con le risposte dei confessori della fede, chiesti e ottenuti dai tribunali pagandone la trascrizione. Quando seguiva la condanna a morte dei martiri, la Chiesa locale redigeva il racconto del supplizio affrontato eroicamente. Tale racconti o Passiones circolavano in tutte le Chiese vicine e il nome dei martiri era aggiunto ai calendari liturgici. La persecuzione e i martiri, tuttavia, rappresentavano una grave crisi dell’organizzazione cristiana e perciò si ritenne opportuno promuovere una letteratura che facesse conoscere la realtà circa i cristiani e la loro dottrina. Nel II secolo la letteratura cristiana registra alcune Apologie che hanno il compito di confutare le calunnie più volgari, diffuse a livello popolare, tentando di accreditare il cristianesimo come filosofia, ovvero forma di vita razionale che occorreva tollerare perché non recava alcun danno allo Stato. Notissima è l’Apologia di Giustino, più tardi martire, diretta all’imperatore Antonino Pio e l’ancor più famoso Apologeticum di Tertulliano, un africano irruente, fornito di ottima preparazione giuridica che con stile trascinante, a volte perfino ironico, bolla come insensata la campagna di opinione pubblica ostile ai cristiani.
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